[Riceviamo e pubblichiamo da Fabio Poroli di Corso di Linguistica Particolare un pezzo scritto in occasione degli ultimi Europei. Ci pare che l’analisi possa estendersi alle cronache del campionato appena iniziato]
di Fabio Poroli
Oltre che dalle conferme calcistiche (una generazione di Spagnoli imbattibile, una Germania che non ci batterà mai, un Balotelli che è un fenomeno, ecc.) questo Europeo è stato caratterizzato da un’importante presa di coscienza: a cosa servono i commentatori tecnici di Rai Sport? Anche prima lo pensavamo, al massimo ne parlavamo, dubbiosi, tra amici; ma in questo evento sportivo l’imbarazzo è diventato esorbitante, tanto da far intervenire Aldo Grasso il quale ha affermato di non aver mai sentito tante banalità sul calcio. In realtà la questione è più linguistica che calcistica, e da buon linguista non ho potuto accettare la categoria “banalità” per descrivere un uso. Quindi ho abbandonato l’approccio moralistico e mi sono chiesto: qual è la natura di queste “banalità”? E sopratutto: se è vero, come fa un commentatore a tenere botta per tutta la partita, dando l’idea di stare commentando, senza dire nulla di assolutamente rilevante? Insomma, come si commenta senza commentare?