Tag Archives: Fabrizio Gabrielli

Dice che a Barranquilla si balla così

[Siamo lieti di presentarvi un racconto inedito di Fabrizio Gabrielli, maestro di Sforbiciate]

Carlos Alberto Valderrama

Dici che a Barranquilla si balla così, dimenando i fianchi e portando le mani alla melena. E tu, Marta, diomìo se sei bella: bella che ci sarebbe da farti santa subito, santa Marta.

Dalle spiagge del quartiere Pescaito, a Santa Marta, sulle coste caribègne della Colombia, una manciata di chilometri da Barranquilla, se non è una di quelle giornate umide di foschia si vede l’isolotto del Morro. Gli indigeni delle montagne lo considerano sacro; a me è sempre sembrato l’incantamento tricotico d’una sirena che s’immerge nell’Oceano, Marta.

Al Pescaito, tra caschi di banane e aroma di caffé tostato, i ragazzini han sempre giocato al calcio. C’è stato un tempo in cui Carlitos, quando gli arrivava la palla tra i piedi, la buttava via impaurito, in fallo laterale, anche se non c’era nessuno a pressarlo, spaventato come ci si spaventa di fronte a certi prodigi mulatti. Da quando il padre gli ha sberciato contro che solo i senzapàlle la buttan fuori, ha imparato l’arte dell’ammaestramento. C’è sempre il modo per uscire dalle situazioni palla al piede, gli ha insegnato paziente. Da quel giorno in poi, Carlitos alla sfera è come se cantasse una ninna nanna calypso: la sfiora col collo, con la pianta, e questa s’addormenta. Poi, quando i suoi avversari s’annoiano di marcarlo stretto, e sbuffano, il Pibe, ché lo chiaman tutti così, la passa filtrante all’amico d’attacco. Che la butta dentro.

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Non tiri mai! #CVFut best of

[Lo scorso 18 aprile a Civitavecchia si è tenuta una manifestazione futbologica con Marco Marsullo, Fabrizio Gabrielli e John Grady. Un racconto di quanto accaduto a latere]

Julio li guida verso l’unico angolo deserto della piazza. Un portone di legno aperto a metà che regge una bacheca di vetro, vuota. Intorno, ragazzini che giocano a pallone, persone sedute sulle panchine. È questo l’ingresso della biblioteca?, chiede John.
Sì, oltre il cortile interno.
Andiamo.

Un paio d’ore dopo il gruppetto si riaffaccia sulla piazza, l’umore varia da “siete sempre un pubblico di merda” a “miglior dibattito EVAH”. C’è meno gente, in piazza, e le urla dei ragazzini che giocano a pallone si fanno strada sopra il rumore continuo del traffico. 

CVFut

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Sforbiciate di Fabrizio Gabrielli

Cos’è una sforbiciata?

Prima di tutto è un gesto tecnico e atletico del gioco del calcio. È un colpo aereo durante il quale il giocatore colpisce la palla incrociando le gambe (come, appunto, si incrociano le lame di una forbice) con il corpo parallelo al terreno. Spesso la sforbiciata viene a torto confusa con la rovesciata, ma si tratta di due concetti e gesti infine distinti.

La rovesciata è un salto nel buio, un esercizio di coordinazione privo di coordinate e affidato al caso: sia Continue reading

Le favole non sempre son favole

[Fabrizio Gabrielli, il maestro delle Sforbiciate (Piano B, 2011), ci regala un altro colpo dei suoi. Inedito.]

Il primo grande insegnamento che m’hai dato, pà, è che non serve a niente, pigiare forte sull’acceleratore, quando hai il freno a mano tirato.
Dovevi volermi molto molto bene, o molto molto male, per tacermi che non era una grande idea, presentarsi con la stessa mise della cresima, Camicia Rosé Damascata, sottomento da orsacchiotto spelacchiato, a bordo d’un carro da mozzarellaro.
Ma tu avevi dimenticato la bènza, son cose che capitano, m’hai detto, non il giorno del mio esame di quinta, pà. E allora ci siam fatti prestare l’auto che il pizzicagnolo utilizzava per le consegne, e per quindici chilometri c’abbiam messo un’ora, che correva mica, la mozzarellamòbile, e le spighe pronte per la trebbiatura, anziché farsi massa confusa e fagocitante fuori dal finestrino, se ne rimanevano a umiliarci, con gli occhi di ghiaccio di Lars Bohinen quando l’ha buttata dentro, buttandoci fuori.
E così siamo arrivati in ritardo. E c’era puzza di bruciato, nell’abitacolo. Il freno a mano, pà. Son cose che capitano, m’hai detto.

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Panta Rio

[Fabrizio Gabrielli, il maestro delle Sforbiciate (Piano B, 2011), ci regala un colpo dei suoi. Inedito.]

Mutumbula è una parola-tamburo-di-guerra, un intortuglio di viscere, un graffio nell’oscurità, l’orrore. L’orrore.
Mutumbula è un suono che suscita tremiti anche in sua assenza.
Mutumbula, in Bantu, significa assassino, e insieme a Volvo, incedere di jaggernaut scandinavo, era uno dei soprannomi di N’daye Mulamba.

Mulamba, nove reti nella Coppa d’Africa del 1974, quasi tutte quelle segnate dalla sua squadra, a remarkable man, era la punta di diamante dello Zaire che partecipò ai Mondiali di Germania quello stesso anno. Mulamba, contro la Yogoslavia, in un match terminato 9-0 per gli slavi, si fece espellere dopo ventidue minuti per un’entrata, come dire, mutatis mutandis, mutumbùlica. Continue reading