Tag Archives: Napoli

‘O presidente (China Soccer Files – 7)

Le regole del calcio italiano in Cina: alcuni highlights cinesi.

La prima immagine che scegliamo per questa sintesi pseudo calcistica e pseudo umana, che dovrebbe rappresentare la rappresentazione del calcio in Italia (uno sciame intelligente, tanto per scomodare a sproposito qualcuno) parte naturalmente dagli allenamenti. Perché, tanto per essere chiari, le squadre sono arrivate a Pechino una settimana prima. I nostri protagonisti, per un volta, non sono gli juventini, bensì la “compagine” (e così salutiamo pure Bruno Pizzul) del Napoli.

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Voglio l’Hyatt!
(China Soccer Files – 6)

Nota.
Un post tecnico: come sta andando il campionato cinese e perché De Laurentis blatera. (mi perdonino i fratelli napoletani). E un saluto, un abbraccio, un daje e tutto quanto può arrivare da Pechino a Perugia a Fagiolino. E date sti soldi a futbologia, che tra poco vi arriva il salasso del Supporto Legale, pure.

Foto del Grand Hyatt di Pechino

Il Grand Hyatt di Pechino, uno degli hotel più lussosi al mondo

Mettiamola così: entra Drogba a inizio secondo tempo. A Guangzhou (l’altro, il Guangzhou RF, non quello di Lippi come ha riportato erroneamente la Gazza, ad esempio). Il pubblico applaude, fragoroso, quello avversario dico. L’arbitro è talmente emozionato che sorride, un po’ vergognoso, stringendogli in modo energico la mano. Comincia il secondo tempo, punizione per lo Shanghai da circa 40 metri. Drogba si muove, come a dire, faccio io.

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Il gol esiste ancora – fotoracconto

[Riceviamo e pubblichiamo da Tyler Durdan e Francesco Bifulco. Cliccando sulle foto si apre una versione a risoluzione più alta, o puoi scaricare l’allegato PDF: Il gol esiste ancora]

1.

foto di Tyler Durdan - GolIl Gol esiste ancora, come esternazione massima della gioia di un tifoso. A Terzigno come a San Giuseppe Vesuviano resiste ancora la sua scritta sugli spalti di uno stadio abbandonato alle falde del Vesuvio, a pochi passi da dove due anni fa si cercò di resistere allo stato.

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Il niño in periferia

[Riceviamo e pubblichiamo da Salvatore Migliaccio. In occasione del cinquantacinquesimo compleanno di Diego questo racconto è stato rinnovato con una introduzione breve del poeta Gianni Montieri]

Introduzione
di Gianni Montieri

La magia e, consentitemi, i miracoli non dovrebbero mai avvenire nei luoghi in cui la gente se li aspetta, per questo ho sempre diffidato dello scioglimento del sangue di San Gennaro. Intendiamoci, se San Gennaro per una volta il sangue l’avesse sciolto a Giugliano, in un rione popolare, oppure in una delle buche che mangiano il nostro asfalto, avrei potuto anche credergli. A Maradona credevamo sempre, la magia viaggiava con lui, il miracolo non aveva bisogno sempre del San Paolo. Maradona, lo prendevano, lo mettevano in macchina e ogni tanto lo portavano vicino alle nostre case, venne pure a Giugliano una volta, fece un giro di campo, e già quello ci illuminò. Il fatto che lui arrivasse era sinonimo di felicità, eravamo ragazzini, era il tempo dei sogni, Diego rappresentava il sogno reale. Altre volte guidava lui e arrivava in posti dove la gente si doveva adattare, come quella volta a Monteruscello, quella fu la volta che il bradisismo divenne un’altra cosa.

Foto di Maradona e sticker Bagnoli King

Bagnoli King – Foto di Jekyll283 – https://www.flickr.com/photos/jekyll283/4967241290

di Salvatore Migliaccio

Monteruscello periferia post-bradisismica di Pozzuoli, anno 1988. Enormi scatoloni, messi in fila, senza fiocchi e luccichii, dentro cui uomini, donne e bambini vivono arrangiandosi. L’unica bellezza concessa alle periferie è lo spazio aperto, dove puoi giocare allo sport che vuoi. Non c’è la ristrettezza del centro città, il vicolo non ha residenza, non corri il rischio che qualcuno ti buchi il pallone perché il tuo tiro ha mandato in frantumi il vetro della vecchierella scassacazz, la palla difficilmente si infilerà e resterà bloccata sotto l’auto parcheggiata in divieto di sosta. Quando si avvicina la sera e la scuola è ormai finita, l’aria delle periferie è un coro di voci. Mamme che dai balconi chiamano i figli “Antoooonio saaaali che è prontaaa la cenaaa”, e Antonio Rummenigge che non sente, impegnato in uno dei suoi sontuosi salti verso l’alto nel tentativo di colpire di testa il cross di Raimondo.

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Breve cronaca di evento epocale (Napoli, Maggio 1988)

[Riceviamo e pubblichiamo – di Carlo Maria Miele.]

La mia infanzia è finita nel maggio del 1988, alle cinque di una domenica pomeriggio. Stavo a casa mia, stravaccato sul divano del soggiorno, cullato da voci familiari e rumore di stoviglie, quando all’improvviso ebbi l’esatta percezione di essere diventato grande. Non adulto, certo, ma grande abbastanza per decidere di mettere da parte i giochi e le illusioni dei primi anni di vita, per iniziare a fare in prima persona i conti con la realtà, senza più lo scudo dei genitori o di qualche parente.

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