Author Archives: Redazione Futbologia

Fútbologia in prima persona

[Riceviamo e pubblichiamo da Fulvio Paglialunga, giornalista e conduttore di Ogni benedetta domenica su RAI WebRadio wr8. È stato a Bologna per “Un giorno intero a parlare di pallone” e ce lo racconta]

di Fulvio Paglialunga

immagine dei Tweet di Ogni Bendetta Domenica

Alcuni tweet di @ognibendomenica

Devo scrivere in prima persona. Non per dare un tono a me che scrivo. Per restituire qualcosa a Fútbologia. Per rivivere attimi che certo non racconto nel dettaglio (altri lo faranno, istituzionalmente meglio deputati).

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Totti e la fisica del “cucchiaio”

[Riceviamo e pubblichiamo dalla redazione di Lancillotto e Nausica, rivista scientifica italiana di critica e storia dello sport, una breve analisi fútbologia-scientifica del famoso gesto – che fu di Panenka – in apologo Tottiano. Aggiungiamo noi che di “cucchiai” se ne contano tanti, la differenza è tutta nel quando lo fai]

di Paolo Ogliotti, direttore di Lancillotto e Nausica

foto di Totti - il cucchiaio a Van Der Sar

Francesco Totti - il “cucchiaio” a Van Der Sar

La differenza tra “cucchiaio” e “pallonetto” risiede nella dimensione temporale.

Il “pallonetto”consiste semplicemente nel dare una componente ascensionale alla traiettoria, nell’accompagnare dolcemente il proietto a scavalcare l’ostacolo. Per quanto riguarda i tempi, il pallonetto è puntuale, arriva giusto. Il “cucchiaio” arriva dopo.

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Quelle brave canaglie del cortile accanto

[Riceviamo e pubblichiamo da Gianni Zanata, giornalista e scrittore sardo, un racconto tra periferia e mitografia cagliaritana. Per scelta editoriale i termini in sardo (casteddaio) sono lasciati volutamente senza traduzione. Se ne avete bisogno, chiedetecele al bot su Twitter o qui sotto nei commenti. Se poi vorranno essere i lettori sardi a fornire le traduzioni, ancora meglio]

di Gianni Zanata

Ho vissuto la mia infanzia in un cortile: era un trapezio d’asfalto grigio e corroso, delimitato da palazzi alti, case popolari, tante finestre e pochi balconi. Segni caratteristici: buche a volontà, polvere, sterpaglie, tre alberi spogli, e spazzatura all’occorrenza. Era un campo di calcio, era un teatro di disfide. Un po’ giungla urbana e un po’ terra di mezzo.

Per me e i miei amici – rappresentanti di un modello di gioventù tutt’altro che impeccabile – per noi piccole, brave canaglie, era semplicemente Il Cortile: la nostra patria.

foto di Gigi Riva che gioca a pallone con alcuni bambini nel quartiere Marina

Gigi Riva gioca a pallone con alcuni bambini nel quartiere Marina

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Supporters Trust

[Riceviamo e pubblichiamo da Fulvio Paglialunga, giornalista e conduttore di Ogni benedetta domenica su RAI WebRadio wr8. È stato a Taranto per un convegno su Supporters Trust]

di Fulvio Paglialunga

Qui saltano i sinonimi: non si può più sostituire la parola tifosi con spettatori. Qui si accartocciano slogan: “Il [nome di squadra a piacere] siamo noi”, costantemente cantato in stadi sempre più spogli, diventa realtà, non un-coro-e-basta. E forse c’è meno spazio per falsi ricchi – che del calcio fanno un po’ che vogliono, millantando soldi che non si vedono e cianciando di strategie estemporanee – e ricchi scemi – che per fare del calcio ciò che vogliono, sperperano, lasciano poi il pallone sgonfio e vanno via, con le casse vuote.

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L’emozione di Anfield

[Riceviamo e pubblichiamo il racconto di Liverpool – Udinese (e non solo) da Anfield]

di Alessandro Gori

È la mia terza volta a Liverpool ma senza dubbio la più sentita. Nelle occasioni precedenti, un Everton-Chelsea (2005) e un quarto di Champions Liverpool-Arsenal (2008), ero rimasto stregato dalla straordinaria atmosfera degli stadi inglesi. Ma stavolta vengo fin quassù a seguire la mia squadra, l’Udinese, impegnata nella storica partita di Europa League.

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L’evoluzione del Clásico e il Barça come fenomeno glocale

[Riceviamo e pubblichiamo. Nella scia delle discussioni sul Barcellona degli ultimi giorni, pubblichiamo questo reportage di Alessandro Gori che ha assistito all’ultimo Clásico al Camp Nou]

di Alessandro Gori

Prima della partita un amico mi aveva avvisato: «Preparati, perché stasera al “Camp Nou” probabilmente vedrai un profondo cambiamento sociologico».

foto della scenografia dei tifosi sugli spaltiEnorme era l’attesa per il Clásico, che come ha affermato qualcuno è diventato più che altro Abituale (ormai lo si gioca 4-5 volte l’anno), anche per le connotazioni socio-politiche che questo specifico Barça-Madrid aveva assunto. Perfino i quotidiani locali, soprattutto quelli non sportivi, si chiedevano se si trattasse solo di una partita di calcio.

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Chi odia il Barça ama il calcio?

[Riceviamo e pubblichiamo un post riepilogativo sulla “questione Barça” di cui si è discusso in rete durante l’ultima settimana]

di Matteo Gatto

E così, improvvisamente, iniziano a fioccare articoli sul Barcellona.

La colpa è di Michele Dalai che su IL ha smontato pezzo per pezzo una sua caricatura del Barça. Chi ama il calcio odia il Barcellona, ha scritto, mentre Stefano Fanti sul Post gli ha risposto difendendo i Blaugrana (in pressing alto, naturalmente); ma prima era già arrivato Daniele Manusia su Vice, il quale aveva sia disinnescato bene la critica di Dalai, sia portato a galla le ragioni che l’hanno provocata.

Credo che il tema di fondo di invettive di questo tipo, per quanto provocatorie e ripetitive, sia importante e universale. C’è più libertà nella solitudine o in un gruppo organizzato? C’è più felicità nell’imperfezione istintiva dell’individuo o nella complessità del progresso tecnologico? Continue reading

Il National Football Museum di Manchester

[Riceviamo e pubblichiamo il primo di una serie di reportage che Alessandro Gori regala a Fútbologia]

di Alessandro Gori

La passione per il Beautiful Game

Mi trovo di passaggio a Manchester verso lo storico appuntamento con la partita che l’Udinese giocherà questo giovedì ad Anfield [quella di ieri sera, sai che goduria, NdR].

Già quest’estate in un’altrettanto rapida visita alla città ero rimasto sorpreso nel sapere dell’apertura, il 6 luglio scorso, del National Football Museum. Un museo dedicato interamente al calcio, una vera delizia per gli appassionati (e non), il più grande al mondo nel suo genere.

120817 National Football Museum Manchester Continue reading

Fútbologia 2012 non si fa,
Fútbologia 2012 si fa

Fútbologia 2012 era il progetto di un festival di tre giorni a Bologna per parlare con stile di calcio. A Ottobre. Di giorno conferenze e incontri, di sera reading e concerti. In mezzo proiezioni di film e documentari, torneo di calcio a cinque, bar sport, workshop di costruzione della palla per bambini. La “tre giorni futbologica” di cui parla Valerio Mastandrea nel video.
Un’iniziativa che nasceva dal basso, senza risorse, senza sponsor, basata esclusivamente sul volontariato e sulle donazioni, che oltre al convegno ha visto la nascita di una redazione con un blog e i profili social su Facebook, Twitter, Anobii e Pinterest.
Abbiamo avuto l’adesione di John Foot, Simon Kuper, David Winner, David Goldblatt, Gianni Minà, Valerio Mastandrea, Paolo Sollier, Wu Ming, Guido Chiesa, Diego Bianchi e tanti altri amici italiani e stranieri che avrebbero partecipato al progetto senza percepire alcun compenso. Continue reading

Io e il Futbol – una piccola storia di disagio

[Riceviamo e pubblichiamo. Delle contraddizioni del fútbol, di quando, omologante, può essere subito e sofferto]

di Scalva

Da piccolo ero un ragazzino estremamente timido. Sarà stato a causa delle mie orecchie troppo grandi o del mio fisico troppo magro. O forse sarà dovuto al fatto che venivo da una famiglia piuttosto povera e non avevo mai i giocattoli che avevano gli altri.

Certo, mica vivevamo in una baracca nelle favelas… Appartamento dell’edilizia  residenziale popolare a equo canone, e non è che si pativa la fame nella mia famiglia. Un classico nord-est degli anni ’80, nel più brutto quartiere di Trieste, “il Quadrilatero”, quando c’era ancora la lira…

Foto del quartiere Rozzol Melara "Quadrilatero" di Trieste Continue reading

Io incontro oggi Beppe Viola

[Riceviamo e pubblichiamo]

di Janjo

Beppe Viola con Enzo Jannacci

L’appuntamento è lunedì 17, alle 17, allo sportello 17 di San Siro.
Sono in anticipo e sono piuttosto nervoso, ho le mani cravvate nelle tasche e una voglia di fumare che forse giusto un toffa mi può capire… non è roba da tutti i giorni questa qua.
Il piazzale è discretamente affollato, secondo solo alla valle della morte, c’è un cane che annusa compiaciuto urina abbandonata e ci sono tre bocia che giocano a scartaggi ossessivo–compulsivi che potrebbero esser qui dal ’70. Vedo passare una scatola di sardine arancio che qui a Milano prende il nome di 78, decido che devo fumare. Mi squilla il cellulare, a momenti un infarto. Sconosciuto. Raggiungo i 180 al minuto, sento la testa vuota e leggera, provo a deglutire ma il risultato è scarso, provo a respirare, funziona.
«Pronto!»
«Non direi. Ti disturba spiegarmi perché non sei nel mio raggio visivo?»

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Quella volta che Juary incontrò don Raffaele Cutolo

[Riceviamo e pubblichiamo]

di Carlo Maria Miele

Tutto accade più di trent’anni fa, il 31 ottobre del 1980. Allora Juary (Jorge dos Santos Filho) è solo uno dei tanti calciatori stranieri arrivati in Italia con la riapertura delle frontiere. Non segna tanto, ma i suo gol sono decisivi per la propria squadra. È lui a porre i primi mattoni di quella che sarebbe stata la favola dell’Unione Sportiva Avellino, il club di una piccola città dell’entroterra campano che all’improvviso si trova proiettato nel paradiso della serie A, a sfidare gli squadroni del Nord, restandovi per ben dieci anni dal 1978 al 1988.

foto combinata di Juary, Cutolo, Sibilia, Necco

Juary Jorge dos Santos Filho, Raffaele Cutolo, Antonio Sibilia, Luigi Necco

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Calcio popolare a Venezia Mestre: “Palloni di stracci”

[Riceviamo e Pubblichiamo. Il 23 settembre a Venezia Mestre si terrà Palloni di Stracci, mostre, musica, un’area bambini, panini, cicheti, spritz e… calcio. L’introduzione all’evento di Enrico Leonardi]

estratto dal manifesto di Palloni di StracciA guardarlo bene, il pallone, non è di nessuno. È tondo, e nella sua rotondità può accontentare chi gli pare, rotolando dove vuole, sui piedi e le mani di chi preferisce. Strappa sorrisi e grida di gioia, sudore tanto, a volte qualche goccia di sangue. Un’ubriacatura di sensi e piacere che ha cresciuto intere generazioni.
Un’ebbrezza che sempre si consumava dentro le linee, anche immaginarie. Poco importa dove, ma una porta la si trovava sempre, un po’ di gesso o della segatura, uno zaino o una maglietta, il campo finiva dove si voleva.

Forme, schemi, geometrie che spesso valgono quanto uno zero tondo, tondo. Il calcio non è solo risultato, numeri, campioni da marchiare e smerciare, scienza e sofisticazione, controllo dall’alto con tessere e schedature, parole sconnesse in bibliche telecronache, quattrini, impresa, industria. Profitto.
Merda!

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Il (vero) rigore più lungo del mondo

[Con molto piacere riceviamo e ripubblichiamo un bellissimo reportage di Ugo Splendore sulle tracce di Osvaldo Soriano. Uscito su “Il Manifesto” nel 2008, ve lo proponiamo con l’aggiunta di alcune immagini forniteci dall’autore] 

foto Cipolletti FCCinquant’anni fa battevano il rigore più lungo del mondo.

Lo ha raccontato Osvaldo Soriano, giornalista e scrittore argentino, rendendo letterario un episodio avvenuto nei paraggi ostili e assolati della Valle de Rio Negro, nel nord della Patagonia: luoghi aridi e riciclati dal vento, bastonati dal sole e sculacciati dal freddo dell’inverno.

Osvaldo Soriano se n’è andato il 29 gennaio 1997. Ha raccontato un calcio molto argentino, sgraziatamente eroico, a tratti surreale, spesso violento. Un calcio marcio negli arbitri, impuro nei modi ma lindo nei sentimenti.

El Gordo, il Grasso, come lo chiamavano gli amici, non diceva mai di preciso in che luogo erano accaduti i fatti che raccontava. Partiva da qualcosa di vero, e si vede, ma leggendo i racconti un po’ di dubbi ti si insinuano.

Sono storie che provengono dalla dispensa dagli anni 50-60, tra folate di gloria e barbare pedate. Narrano di allenatori visionari e portieri-eroi, come il Gato Diaz che parò il rigore più lungo del mondo. Un racconto davvero d’altri tempi. Continue reading