[Riceviamo e pubblichiamo. Il racconto di Carlo Maria Miele che segue è liberamente ispirato a un evento realmente accaduto, l’infortunio al piede che impedì a Santiago Cañizares di partecipare alla Coppa del Mondo del 2002. Un racconto che parla del destino e dell’emozione di beffarlo, all’ultimo minuto]
di Carlo Maria Miele
Quello stupido soprannome, “berenjena” (melanzana), se lo portava dietro da una vita. Un nomignolo del cazzo se per mestiere fai l’attaccante. Un epiteto che al solo sentirlo ti succhia ogni goccia di fiducia e la trasmette al tuo marcatore. Un appellativo che sa di sfottò, anche quando non con quell’intento è pronunciato. Che nel momento stesso in cui lo senti articolare, ti regala la percezione dell’umiliazione imminente.
Dopo quindici anni che se lo sente gridare dietro Raùl Manzares dovrebbe essersi abituato. E invece niente. Anche adesso che di anni ne ha trentacinque, e che la carriera di calciatore è oramai tutta alle spalle, sentirsi chiamare così gli fa male. L’orgoglio gli sanguina e i coglioni gli girano, vorticosamente.