La Settimana di Passione del Barça da vicino

[Riceviamo e pubblichiamo. Settimana di passione per Barcellona e gli spagnoli in generale. Conosciamo pochi appassionati di pallone quanto l’incredibile Gori, che l’ha vissuta con loro. Questo è il suo diario]

Il Barça da vicino - Alessandro Gori

di Alessandro Gori

Preludio

La mia ultima visita a Barcellona e al Camp Nou risaliva all’esaltante remuntada (con “u”, in catalano) contro il Milan, un mese e mezzo fa. Dopo il girone di andata nella Liga in cui avevano battuto tutti i record possibili, lasciandosi alle spalle il malcapitato Real Madrid, negli ottavi di Champions i catalani avevano perso malamente a San Siro (2-0), dove si erano dimostrati molli come mai in questi anni e neanche in grado di effettuare un tiro in porta.

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Posizione in campo e altre geometrie esistenziali

[Riceviamo e pubblichiamo. Un racconto che parla di calcio per strada e Cagliari a fine anni ’80]

foto Pallone nei cortili

Di Luca Sulis

Nonostante mio padre fosse stato un discreto atleta nel lancio del peso, abile nuotatore e cestista amatoriale cercò, sin da quando ero bambino, di instradarmi al calcio. Anzitutto mi regalò un numero infinito di palloni. Palloni di pregevole fattura che buttavo regolarmente dal balcone dell’appartamento dove ho abitato per circa trent’anni.

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Una notte al Fila

[Riceviamo e pubblichiamo. In occasione dell’anniversario del disastro aereo di Superga, un racconto che parla di Torino, gatti, incontri]

foto Grande Torino 1942-43

di Luca Rinarelli

Ogni tanto apriva gli occhi. Giusto quel poco che gli confermasse di esser solo. A parte Ruff. L’orso di peluche lo fissava immobile. Ne poteva intuire solamente un leggero riflesso negli occhi di vetro. Oltre il buio, qualche linea sbiadita ricordava i mobili della cameretta. Strisce più nette partivano dalle fessure della tapparella per proiettarsi sui muri.

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Non tiri mai! #CVFut best of

[Lo scorso 18 aprile a Civitavecchia si è tenuta una manifestazione futbologica con Marco Marsullo, Fabrizio Gabrielli e John Grady. Un racconto di quanto accaduto a latere]

Julio li guida verso l’unico angolo deserto della piazza. Un portone di legno aperto a metà che regge una bacheca di vetro, vuota. Intorno, ragazzini che giocano a pallone, persone sedute sulle panchine. È questo l’ingresso della biblioteca?, chiede John.
Sì, oltre il cortile interno.
Andiamo.

Un paio d’ore dopo il gruppetto si riaffaccia sulla piazza, l’umore varia da “siete sempre un pubblico di merda” a “miglior dibattito EVAH”. C’è meno gente, in piazza, e le urla dei ragazzini che giocano a pallone si fanno strada sopra il rumore continuo del traffico. 

CVFut

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Back home. Time, Memory and Football

[Riceviamo e Pubblichiamo. Qualche giorno fa l’AFC Bournemouth è salito per la seconda volta nella sua storia in Championship League. Roger Bromley, professore emerito della Notthingham University e originario di Bournemouth, ci ha inviato questo magnifico articolo, che prende le mosse dall’evento per spaziare nei temi di identità e memoria. In una parola, fútbologico. Leggetelo tutto, anche la postilla biografica in fondo.]

1957 - Bournemouth and Boscombe Athletic fans show their support before the match

2 Marzo 1957 – Bournemouth and Boscombe Athletic VS Manchester Utd

di Roger Bromley

Molti anni fa la scrittrice Ella Winter aveva detto all’oramai dimenticato romanziere americano Thomas Wolfe, «Non lo sai che non puoi più tornare a casa?». Wolfe usò questa frase come titolo del suo ultimo romanzo, pubblicato postumo nel 1940. Nella parte finale del romanzo, George Webber, il protagonista, arriva alla conclusione che: “Non puoi tornare alla tua famiglia, tornare alla tua infanzia… tornare ai sogni di gloria e fama di giovane uomo, tornare ai luoghi di origine, tornare alle vecchie forme e organizzazione delle cose che un tempo sembravano eterne e che invece continuano a cambiare… rifuggire il  Tempo e i Ricordi”.

Tutto questo mi è tornato alla mente pochi giorni fa quando la squadra della mia città, l’AFC Bournemouth, ha raggiunto la promozione nella English Championship League (la seconda serie del campionato inglese) per la seconda volta nell’arco di centoquattordici anni, e dopo un’assenza di ventitré. Durante una cupa e gelida giornata dell’inverno 1950 assistevo alla mia prima partita a Dean Court a Boscombe (sobborgo di Bournemouth dove si trova lo stadio, NdT).

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Il custode

[Riceviamo e pubblichiamo. Oggi 15 aprile 2013 ricorre l’anniversario del disastro dello Hillsborough Stadium di Sheffiled, la tragedia per cui ventiquattro anni fa 96 persone di età compresa tra 10 e 67 anni persero la vita e 766 rimasero ferite. Oggi è certo che le responsabilità della polizia furono insabbiate dal governo allora in carica, presieduto da Margaret Thatcher. La storia, in un racconto di Luca Pisapia, a quasi cinque lustri dai fatti]

Di Luca Pisapia

Hillsborough, persone a terra sul prato

Lo incontro in un edificio a due piani di mattoncini rossi, di fianco a un parcheggio, dove c’è lo storico pub dei tifosi dello Sheffield Wednesday. Lo stadio di Hillsborough, nascosto qualche centinaio di metri più in là tra le casette a tetto spiovente della zona, non si vede. Ma la sua presenza incombe sotto il cielo plumbeo del South Yorkshire. Afferrando una pinta di birra con le lunghe dita nodose, Martin comincia a raccontare.

«Sono stato uno dei custodi di Hillsborough per oltre quarant’anni, il mio compito era di chiudere i cancelli, e di imprigionare lì dentro i segreti che non dovevano uscire. Litigi, scazzottate, scommesse, tutto quello che succede normalmente in uno spogliatoio ma non si deve fare trapelare all’esterno. Sono abituato a nascondere le cose. Coprire, dissimulare, è il mio lavoro. Ma quello che hanno fatto loro è troppo. Un insabbiamento di queste dimensioni non si era mai visto».

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Amianto, polvere, pallone

[Riceviamo e pubblichiamo. Una recensione in forma di racconto che nasce dalle pagine di “Amianto”, in cui Alberto Prunetti scrive (anche) di pallone e delle partite del Follonica]

di Giulio Pedani

Promemoria Rosignano

Tornai a giocare al calcio nel campo d’ asfalto, dove ormai avevo una reputazione e nessuno mi molestava. Andavo con mio padre a vedere il campionato livornese di prima categoria e facevo il raccattapalle quando giocava il Follonica in casa. Mi piaceva ascoltare quello che succedeva in panchina. L’ allenatore del Follonica si addormentava spesso. Poi si risvegliava di colpo, lanciava un bestemmione trionfale e diceva qualcosa, solo per farsi sentire dal pubblico che seguiva la partita. Ce l’ aveva sempre con un calciatore pelato. Era il mitico Dea, una delle mie leggende giovanili insieme all’ argentino Ganem, storico dieci “maradoniano” del Follonica. Il Dea era un altro che si faceva il culo in fabbrica e che giocava di forza, eppure il mister gli diceva sempre: “Sei un duro !” Una volta dopo essersi addormentato in panchina si svegliò di colpo e per dimostrare di aver seguito la partita esplose in bestemmie: “Diolopicardo, pelato, sei un duro !“. Il pelato era in panchina accanto a lui. Rispose: “Mister, ma oggi non gioco”. “Fa’ una sega, sei un duro uguale”, replicò l’ allenatore, prima di riaddormentarsi pacifico.
[Amianto, pag. 62]

Tutto questo succedeva intorno alla metà degli anni ’80. Quel raccattapalle era Alberto Prunetti. La nascita del suo “Amianto”, il bellissimo libro da cui sono tratte queste righe, era ancora lontana.

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Pechino – Canton

[Riceviamo e pubblichiamo. Il giornalista Simone Pieranni, corrispondente dalla Cina per China Files, ci invia un breve racconto/reportage da Pechino, dove ha assistito alla partita di venerdì scorso tra due delle squadre ai vertici del campionato cinese. NdR]

Tifosi del Guoan

Intanto trattandosi di notizia di esteri, osservando come vengono trattate le notizie dagli esteri e specie dalla Cina sui media mainstream, vorrei elevare futbologia.org a media mainstream con uno scoop da par suo. Attenzione, tenetevi stretti che il vostro panorama culturale sta per essere ribaltato completamente.

La sera precedente al match tra Pechino e Canton all’interno dell’albergo che ospitava la compagine allenata da Marcello Lippi, il tecnico italiano ha improvvisamente chiamato al cellulare il suo assistente / interprete.

A Lippi non funzionava Internet in camera.

Eh?

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La guerra è iniziata al Maksimir

[Riceviamo e pubblichiamo. Ieri 22 marzo 2013 si è giocata la partita Croazia-Serbia valevole ai fini della qualificazione per la Coppa del Mondo FIFA 2014. Con Gori, cogliamo l’occasione per una inquadratura storica delle nota rivalità balcanica]

Scontri per Dinamo Zagabria-Stella Rossa 13 maggio 1990

di Alessandro Gori

Grazie alla partita di ieri a Zagabria tra Croazia e Serbia, valevole per le qualificazioni ai Mondiali brasiliani del prossimo anno, si è momentaneamente destato l’interesse per le vicende balcaniche di cui, ormai da tempo, nessun mezzo di comunicazione parla più.

Improvvisamente, giornalisti da tutta Europa si sono materializzati al Maksimir, il celeberrimo stadio della capitale croata, per raccontare questo “primo” incontro tra i due nemici storici. Sono stati così tanti che l’inviato di Fútbologia non ha ricevuto un accredito dalla Federazione Croata. Da domani, poi, i Balcani torneranno come sempre nell’oblio. Tanto interesse è tuttavia comprensibile: gli aspetti sociali del calcio balcanico rappresentano un mondo peculiare, conosciuto anche per il ruolo che ha ricoperto allo scoppio della guerra.

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I sessant’anni di Zico… e un po’ di Udinese (parte 2)

[Riceviamo e pubblichiamo. Ieri 3 marzo 2013 il Galinho ha compiuto 60 anni. In due puntate il ricordo di Alesssandro Gori che qualche anno fa lo ha intervistato. La prima parte di questo articolo è maggiormente centrata sull’Udinese di quegli anni.]

Zico
di Alessandro Gori

Dieci anni fa, nel marzo 2003, mi trovavo in Giappone con una borsa di studio per giornalisti. Il Galinho – così era chiamato fin da ragazzino, quando zampettava sui campi da calcio magrissimo come un galletto – da pochi mesi era diventato selezionatore della nazionale nipponica con l’obiettivo di qualificarsi per il Mondiale tedesco del 2006, come poi accadde. Nei locali della Federcalcio si respirava un’aria nuova, tutti dicevano che Gico-san, come lo chiamavano laggiù, aveva portato un nuovo modo di lavorare.

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I sessant’anni di Zico… e un po’ di Udinese (parte 1)

[Riceviamo e pubblichiamo. Domani 3 marzo 2013 il Galinho ne compie 60. In due puntate, di cui questa prima sul periodo Udinese, il ricordo di Alesssandro Gori che qualche anno fa lo ha intervistato]

foto di Zico

di Alessandro Gori

Il 3 marzo ricorre il compleanno di diversi personaggi del mondo del calcio. Per esempio, Zibì Boniek ne compie 57, 48 per Dragan Piksi Stojković, uno dei miei grandi idoli e capitano della Crvena Zvezda, di cui un giorno sicuramente riparleremo su questo blog. Un amico dalla straordinaria memoria calcistica direbbe che è anche quello di Loris Pradella, lungo centravanti di Sacile, apparso anche nell’Udinese dei primi anni Ottanta, che ne fa 53.

Questa domenica però sarà una data speciale, perché ricorre il sessantesimo compleanno di Arthur Antunes Coimbra detto Zico, nato alle 7 di mattina del 3 marzo 1953 nella casa di rua Lucinda Barbosa numero 7, nel quartiere di Quintino Bocaiuva, a Rio de Janeiro.

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Lo Stilista Beat

[A grande richiesta, nel giorno del 70° anniversario del genetliaco di Luigi “Gigi” Meroni, pubblichiamo una breve mitografia di Luca Wu Ming 3 già pubblicata nel 2011 sul blog Solo di Calcio]

Murales su Meroni a Torino

Cercate le sue foto. Andate a scovare le immagini d’epoca. Guardatelo con la gallina con la quale andava a passeggio, per un breve periodo, e che lo seguiva come un cagnolino, anche al bar per l’aperitivo. Osservate gli occhiali. E i baffi, e il pizzetto. E poi senza. E la barba, e poi senza. Il taglio dei capelli. I tagli. Quella vaga somiglianza con George Harrison. E la Balilla che guidava. Soprattutto, guardate bene i vestiti. Gli accoppiamenti, i colori. Camicie, pantaloni, gilet, completi, giacche, bretelle. Li disegnava lui. Anche le scarpe, a volte. Ne progettava anche i tessuti e li faceva realizzare dal paziente e molto capace sarto torinese. È stato icona di un periodo, tratto distintivo di un’epica. Idolo per moltissimi, additato e osteggiato da tanti altri.

Senza, gli anni ‘60 in Italia forse non sarebbero nemmeno stati tali.

Di mestiere faceva il calciatore, e il suo nome era Gigi Meroni.

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L’autografo nel portafogli

[Riceviamo e pubblichiamo un articolo – con intervista – a un ex della Roma di Zeman 1.0]

di Emanuele Giulianelli


Anche se sono un appassionato del calcio in tutte le sue forme ed espressioni, anche io ho una squadra del cuore. Anzi ho una vera e propria passione.

E la mia passione si chiama AS Roma.

Per anni sono andato in giro con un autografo di un calciatore nel portafogli. Per molti anni. Forse c’è ancora, ed ha resistito ad almeno tre cambi di portafogli.

Logicamente l’autografo è di un giocatore della Roma.

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