[Riceviamo e pubblichiamo. Una recensione in forma di racconto che nasce dalle pagine di “Amianto”, in cui Alberto Prunetti scrive (anche) di pallone e delle partite del Follonica]
di Giulio Pedani
Tornai a giocare al calcio nel campo d’ asfalto, dove ormai avevo una reputazione e nessuno mi molestava. Andavo con mio padre a vedere il campionato livornese di prima categoria e facevo il raccattapalle quando giocava il Follonica in casa. Mi piaceva ascoltare quello che succedeva in panchina. L’ allenatore del Follonica si addormentava spesso. Poi si risvegliava di colpo, lanciava un bestemmione trionfale e diceva qualcosa, solo per farsi sentire dal pubblico che seguiva la partita. Ce l’ aveva sempre con un calciatore pelato. Era il mitico Dea, una delle mie leggende giovanili insieme all’ argentino Ganem, storico dieci “maradoniano” del Follonica. Il Dea era un altro che si faceva il culo in fabbrica e che giocava di forza, eppure il mister gli diceva sempre: “Sei un duro !” Una volta dopo essersi addormentato in panchina si svegliò di colpo e per dimostrare di aver seguito la partita esplose in bestemmie: “Diolopicardo, pelato, sei un duro !“. Il pelato era in panchina accanto a lui. Rispose: “Mister, ma oggi non gioco”. “Fa’ una sega, sei un duro uguale”, replicò l’ allenatore, prima di riaddormentarsi pacifico.
[Amianto, pag. 62]
Tutto questo succedeva intorno alla metà degli anni ’80. Quel raccattapalle era Alberto Prunetti. La nascita del suo “Amianto”, il bellissimo libro da cui sono tratte queste righe, era ancora lontana.
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