Category Archives: Racconti

La Crvena Zvezda, vent’anni fa

[Riceviamo e pubblichiamo da Alessandro Gori]

Come capita ormai da troppo tempo, anche quest’anno la Crvena Zvezda, la Stella Rossa di Belgrado, ha terminato la sua stagione europea già in agosto, eliminata in modo rocambolesco dall’Europa League dal Bordeaux.

L’epoca dello splendore sembra lontana. Sono passati ormai 21 anni da quando i belgradesi conquistarono a Bari la Coppa Campioni. Con sentita emozione posso affermare che in quei giorni ero presente anch’io, come uno dei pochi (o forse l’unico) tifoso italiano della Zvezda.

È difficile spiegare esattamente come e quando venni soggiogato dal fascino della Stella Rossa, che in realtà riguardava l’insieme del calcio slavo. Il processo risale alla fine degli anni Ottanta, anche grazie a TV Koper/TeleCapodistria, la televisione slovena in lingua italiana che trasmetteva le partite dei campionati jugoslavi di calcio e di basket. Un’eccezione, visto che all’epoca era complicato trovare immagini di calcio internazionale. Continue reading

I proiettili di rame che ferirono l’onore

[Riceviamo e pubblichiamo]

di Antonio Spera

1988. Avevamo da qualche anno coniato la più dileggiante e razzista onomatopea della lingua italiana. La prima in assoluto avente come soggetto l’uomo. Belare, frusciare, sciabordio e ticchettio erano storia arcinota. Serviva una onomatopea nuova, come gli anni che stavano mutando. Buona per descrivere qualcuno più che qualcosa.
Così passammo anche quell’estate dell’88 a berci questa bibita fresca fresca fatta di 1/2 bicchiere di paura dello straniero, poche foglie di antropologia culturale da quiz a risposta multipla e 1/4 di no-cosmopolitan made in italy. Ecco a voi vucumprà?.
Un cocktail di grido che animerà le calde estati italiane per più di un ventennio. Senegalesi, camerunensi, gabonesi, nigeriani, capoverdiani, marocchini e tunisini. Genericamente tutti africani. Gli ultimi poi si sarebbero staccati per emanciparsi in maghrebini.

foto da Zambia-Italia Seul 1988

Ashols Melu e Stefano Tacconi

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Olimpiadi Laser

Olimpiadi di Londra 2012: Corea Del Sud – Brasile 0-3

[Riceviamo e pubblichiamo]
Alessandro Villari è volato a Manchester per la semifinale del torneo olimpico di calcio, Corea del Sud – Brasile. Lì ha raccolgo alcune impressioni estemporanee e disordinate sulla città, sulle Olimpiadi e sul match. Ce le ha regalate.

Il risultato della semifinale fotografato da Alessandro VillariPrimo tempo

Il mio viaggio a Manchester comincia con una lieta sorpresa: il leggero ritardo dell’aereo impedisce alla RyanAir di infliggermi l’insopportabile motivetto, munito di applauso registrato, che segue ogni atterraggio puntuale.

Ho prenotato una stanza senza curarmi di come fossero i collegamenti con l’aeroporto, con lo stadio, con il centro della città: mi ha conquistato la fotografia del Crown & Anchor – sì, dormirò sopra un pub. La seconda buona notizia della giornata è che il posto è in posizione perfetta, a pochi minuti a piedi dalla stazione collegata con l’aeroporto, dal tram per Old Trafford e dalla zona più moderna interessante di Manchester, il Millennium Quarter.

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Heysel

[Riceviamo e pubblichiamo da Domenico Mungo, autore di “Cani sciolti”]

di Domenico Mungo

È la causa e non semplicemente la morte che crea un martire. (Napoleone Bonaparte)

29.05.1985
Finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool
Stadio “Heysel” di Bruxelles, Belgio

«Il Liverpool è forte, ma noi sappiamo di poterlo battere» – disse Platinì. «Ci eravamo già riusciti a Gennaio, al Comunale di Torino, quando si giocò col pallone rosso dopo un’incredibile nevicata. Boniek fu magnifico, quella sera. Due a zero per noi e doppietta di Zibì, così vincemmo la Supercoppa».

foto Heysel 2

Stadio Heysel, Bruxelles, 29 maggio 1985

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SS Cipputi Calcio Fruges – fotoracconto

[Riceviamo e pubblichiamo questo fotoracconto da Marcello Galvani. Nel post una selezione di 10 foto, cliccando si apre una versione a risoluzione più alta. O puoi scaricare tutto l’album di 22 foto nell’allegato PDF SS Cipputi Calcio Fruges]

Ho seguito la squadra SS Cipputi Calcio di Fruges, per diversi sabato pomeriggio nel 2004.  A bordo campo mi sono ricordato di un urlo che era solito farmi Capirossi,  allenatore delle giovanili, quando vagavo per il campo lontano dalla palla – ‘Cosa vai a margherite?!’

Anche da fotografo mi sono disinteressato della palla. Ho guardato più volentieri un presunto dirigente in cappotto blu discutere di geometrie tattiche vicino agli spogliatoi, un altro in jeans e occhiali da sole chiedere spiegazioni all’arbitro nei pressi dell’area di rigore, un guardalinee con la pettorina fosforescente, Pasotti Andrea, allenatore-giocatore, riprendere a gran voce un terzino ancora nella metàcampo avversaria, un compagno di squadra rimasto in mutande avvicinarsi alla panchina, un altro uscito prima del tempo che fuma in accappatoio fuori dalle docce per vedere come andrà a finire. Continue reading

“Identità e appartenenza” Call for Paper per la rivista Lancillotto e Nausica

Ok, lo confesso. Troppa pressione, troppa tensione, ormai non vivo più. Il senso di colpa mi lacera. Meglio uscire allo scoperto. Ma sottovoce, piano piano: “non sono sempre stato un appassionato di pallone”.

Anzi, a dirla tutta per gran parte della mia vita del calcio non me ne è fregato un cazzo. Ventidue trogloditi che corrono dietro a un pallone strapagati per farlo. E la ggente non arriva a fine mese! Vergogna! Ladri! Buffoni! Peppe Crillo!!!

Ok ok, sto divagando, lo so. Cercavo solo di sottrarmi all’occhio implacabile del tribunale futbologico che ora di certo mi espellerà con disonore sottoponendomi all’ingloriosa prova televisiva. Se mi va bene un DASPO, se mi va male…la ghigliottina.

Però… Continue reading

Il gol esiste ancora – fotoracconto

[Riceviamo e pubblichiamo da Tyler Durdan e Francesco Bifulco. Cliccando sulle foto si apre una versione a risoluzione più alta, o puoi scaricare l’allegato PDF: Il gol esiste ancora]

1.

foto di Tyler Durdan - GolIl Gol esiste ancora, come esternazione massima della gioia di un tifoso. A Terzigno come a San Giuseppe Vesuviano resiste ancora la sua scritta sugli spalti di uno stadio abbandonato alle falde del Vesuvio, a pochi passi da dove due anni fa si cercò di resistere allo stato.

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ZZ III

[Riproponiamo il racconto di Christiano “Christo” Presutti pubblicato su CarmillaOnLine per il lancio di Futbologia. Il disegno del celarbitro, ispirato al racconto, è di Andrea Alberti]

Disegno del celarbitro di Andrea AlbertiRicorreva il terzo anniversario della fine della guerra. Tre anni esatti dalla firma del trattato di pace mondiale di Berna. In ogni città erano celebrazioni e sommosse, messe cantate e masse suonate.
Sempre in quel giorno si concludeva la prima edizione del campionato continentale di Lega Grande Europa.
Era il giorno numero 171, correva l’anno 62 Dopo Breivik.

Una partita da giocare, tre squadre in testa alla classifica con gli stessi punti: Sa Zoventude Nuova Cagliari, Das Kapital Duisburg e Aesernia Calcio.

A Podgorica, fuori dallo stadio, si contavano otto morti. Dentro lo stadio, sotto i riflettori, l’Aesernia Calcio incontrava i Montenegro Killers, la squadra locale in lotta per la retrocessione. Da sempre, da tutti, considerati avversari mortali in casa.

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Asfalto storico. Brasile-Italia quattrauno

1970 Brasile - Italia 4-1 - Il terzo gol di Jairzinho

di Matteo Gatto

Quattrazzero, quando si fa sul serio, l’Italia non perde mai. Magari se ne va malissimo, senza farti sognare per niente, senza passare i gironi, o si scioglie ai rigori, o s’involve davanti a una Corea a piacere. Ma quattrazzero non s’era mai visto. Bisogna ammetterlo: ha fatto molto male.

Infatti, in queste settimane, incapace di rialzare la testa e guardare avanti a un futuro dominato da iberici e sassoni, mi sono voltato indietro e ho affrontato il lutto in modo insolito: osservando il lutto di una generazione precedente. Un’altra batosta, l’Altra Batosta. Città del Messico, 1970, stadio Atzeca, Brasile-Italia quattrauno. Non so ancora bene perché, ma me la sono vista tutta, dagli inni all’invasione di campo. Ha riaperto un mondo e rivalutato una prestazione: avevamo giocato bene. Così mi è parso.

“Qui è quasi mezzogiorno. È una strana mattina grigia e uggiosa che esce da una nottata di pioggia e temporale”. E già dall’introduzione meteoropatica di Nando Martellini che si intuisce l’imminente pesantezza di questa giornata. Continue reading

Contratto a progetto (il traghettatore)

[Riceviamo e pubblichiamo]

di Antonio Spera

Nabokov scriveva “Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta”. Allo stesso modo e con la stessa danza orale, tra lingua e denti, molti Presidenti di squadre di calcio dicono la parola “Tra-ghet-ta“. Non è un nome proprio di persona e non è un vezzeggiativo. E’ un verbo. Un imperativo per la precisione. Di sensuale c’è molto poco, di malizia adolescenziale ancor meno. Ma la seduzione che certi Padroni del vapore pedatorio subiscono è la stessa. Traghetta il traghettatore. Il calcio non ha mai avuto dimestichezza con la questione di genere. E quindi traghettaci, uomo. Mai un mezzo di trasporto, nemmeno dei più usati, è diventato così celebre. Dalla semantica alla semiotica. Il tutto con un unico scopo: accompagnare il presente in attesa di stagioni migliori.

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Il niño in periferia

[Riceviamo e pubblichiamo da Salvatore Migliaccio. In occasione del cinquantacinquesimo compleanno di Diego questo racconto è stato rinnovato con una introduzione breve del poeta Gianni Montieri]

Introduzione
di Gianni Montieri

La magia e, consentitemi, i miracoli non dovrebbero mai avvenire nei luoghi in cui la gente se li aspetta, per questo ho sempre diffidato dello scioglimento del sangue di San Gennaro. Intendiamoci, se San Gennaro per una volta il sangue l’avesse sciolto a Giugliano, in un rione popolare, oppure in una delle buche che mangiano il nostro asfalto, avrei potuto anche credergli. A Maradona credevamo sempre, la magia viaggiava con lui, il miracolo non aveva bisogno sempre del San Paolo. Maradona, lo prendevano, lo mettevano in macchina e ogni tanto lo portavano vicino alle nostre case, venne pure a Giugliano una volta, fece un giro di campo, e già quello ci illuminò. Il fatto che lui arrivasse era sinonimo di felicità, eravamo ragazzini, era il tempo dei sogni, Diego rappresentava il sogno reale. Altre volte guidava lui e arrivava in posti dove la gente si doveva adattare, come quella volta a Monteruscello, quella fu la volta che il bradisismo divenne un’altra cosa.

Foto di Maradona e sticker Bagnoli King

Bagnoli King – Foto di Jekyll283 – https://www.flickr.com/photos/jekyll283/4967241290

di Salvatore Migliaccio

Monteruscello periferia post-bradisismica di Pozzuoli, anno 1988. Enormi scatoloni, messi in fila, senza fiocchi e luccichii, dentro cui uomini, donne e bambini vivono arrangiandosi. L’unica bellezza concessa alle periferie è lo spazio aperto, dove puoi giocare allo sport che vuoi. Non c’è la ristrettezza del centro città, il vicolo non ha residenza, non corri il rischio che qualcuno ti buchi il pallone perché il tuo tiro ha mandato in frantumi il vetro della vecchierella scassacazz, la palla difficilmente si infilerà e resterà bloccata sotto l’auto parcheggiata in divieto di sosta. Quando si avvicina la sera e la scuola è ormai finita, l’aria delle periferie è un coro di voci. Mamme che dai balconi chiamano i figli “Antoooonio saaaali che è prontaaa la cenaaa”, e Antonio Rummenigge che non sente, impegnato in uno dei suoi sontuosi salti verso l’alto nel tentativo di colpire di testa il cross di Raimondo.

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Il ritorno dei vecchi leoni (tra Baggio e Budweiser)

Il giovane talento che coglie al volo un’insperata occasione e stupisce tutti è la nostra seconda storia di sport preferita. La prima è il ritorno del vecchio leone. Questa volta non c’entra il paese dalla demografia sbagliata e gerontocratico. Si tratta di regole narrative: il giovane talento fa il botto, dimostra il proprio valore e diventa una star; ci può essere un ostacolo iniziale (l’allenatore che non gli vuol dar fiducia, lo spogliatoio di senatori che lo teme e tiene nell’ombra, l’ansia di voler dimostrare tutto subito) ma, una volta superata questa prova, il ragazzo diventa campione e via liscio.

Il ritorno del vecchio leone è storia diversa: hai un grande giocatore, ormai sempre più spesso definito “al tramonto”, sul punto di rinunciare, arrendersi al declino inarrestabile; sino a quando un cambiamento, interno e\o esterno, ridona fiducia al campione, che, nonostante l’età e il calo fisico, torna per giocarsi tutto sulla “classe”, sul talento immutato della gioventù, che ora deve però brillare da solo, senza più l’energia dei vent’anni.
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Senegal Campione Mundial 2012

di Tiziano Colombi

«L’appartenere a un mondo multiculturale esige un forte e maturo senso di identità». (Ryszard Kapuscinski – L’altro)

I leoni della teranga sconfiggono la Nazionale nigeriana 6 a 4 dopo i calci di rigore.
Sono, per la seconda volta, campioni del Balon Mundial, il torneo delle comunità migranti di Torino.
Nell’albo la nazionale più vincente è quella della Costa D’Avorio, con tre successi. Uno per il Perù e uno per la formazione denominata Khorankanè completano la storia delle sei edizioni del torneo.
Dio è con noi!
Dio è con noi! – urla il tifoso senegalese sotto di me sugli spalti dello stadio Primo Nebbiolo.
Il Senegal ha segnato il quinto decisivo rigore, tutti dritti in porta, nessun errore, complice la malinconica figura di Lucky James. Il portiere della Nigeria, con nome da pistolero, se n’è stato tutto il tempo sulla linea di porta rassegnato al peggio, come aspettasse una pallottola di Clint Eastwood. Continue reading