Fútbologia 2012 era il progetto di un festival di tre giorni a Bologna per parlare con stile di calcio. A Ottobre. Di giorno conferenze e incontri, di sera reading e concerti. In mezzo proiezioni di film e documentari, torneo di calcio a cinque, bar sport, workshop di costruzione della palla per bambini. La “tre giorni futbologica” di cui parla Valerio Mastandrea nel video.
Un’iniziativa che nasceva dal basso, senza risorse, senza sponsor, basata esclusivamente sul volontariato e sulle donazioni, che oltre al convegno ha visto la nascita di una redazione con un blog e i profili social su Facebook, Twitter, Anobii e Pinterest.
Abbiamo avuto l’adesione di John Foot, Simon Kuper, David Winner, David Goldblatt, Gianni Minà, Valerio Mastandrea, Paolo Sollier, Wu Ming, Guido Chiesa, Diego Bianchi e tanti altri amici italiani e stranieri che avrebbero partecipato al progetto senza percepire alcun compenso. Continue reading
Yearly Archives: 2012
Fútbologia 2012 non si fa,
Io e il Futbol – una piccola storia di disagio
[Riceviamo e pubblichiamo. Delle contraddizioni del fútbol, di quando, omologante, può essere subito e sofferto]
di Scalva
Da piccolo ero un ragazzino estremamente timido. Sarà stato a causa delle mie orecchie troppo grandi o del mio fisico troppo magro. O forse sarà dovuto al fatto che venivo da una famiglia piuttosto povera e non avevo mai i giocattoli che avevano gli altri.
Certo, mica vivevamo in una baracca nelle favelas… Appartamento dell’edilizia residenziale popolare a equo canone, e non è che si pativa la fame nella mia famiglia. Un classico nord-est degli anni ’80, nel più brutto quartiere di Trieste, “il Quadrilatero”, quando c’era ancora la lira…
Io incontro oggi Beppe Viola
[Riceviamo e pubblichiamo]
di Janjo
L’appuntamento è lunedì 17, alle 17, allo sportello 17 di San Siro.
Sono in anticipo e sono piuttosto nervoso, ho le mani cravvate nelle tasche e una voglia di fumare che forse giusto un toffa mi può capire… non è roba da tutti i giorni questa qua.
Il piazzale è discretamente affollato, secondo solo alla valle della morte, c’è un cane che annusa compiaciuto urina abbandonata e ci sono tre bocia che giocano a scartaggi ossessivo–compulsivi che potrebbero esser qui dal ’70. Vedo passare una scatola di sardine arancio che qui a Milano prende il nome di 78, decido che devo fumare. Mi squilla il cellulare, a momenti un infarto. Sconosciuto. Raggiungo i 180 al minuto, sento la testa vuota e leggera, provo a deglutire ma il risultato è scarso, provo a respirare, funziona.
«Pronto!»
«Non direi. Ti disturba spiegarmi perché non sei nel mio raggio visivo?»
Quella volta che Juary incontrò don Raffaele Cutolo
[Riceviamo e pubblichiamo]
di Carlo Maria Miele
Tutto accade più di trent’anni fa, il 31 ottobre del 1980. Allora Juary (Jorge dos Santos Filho) è solo uno dei tanti calciatori stranieri arrivati in Italia con la riapertura delle frontiere. Non segna tanto, ma i suo gol sono decisivi per la propria squadra. È lui a porre i primi mattoni di quella che sarebbe stata la favola dell’Unione Sportiva Avellino, il club di una piccola città dell’entroterra campano che all’improvviso si trova proiettato nel paradiso della serie A, a sfidare gli squadroni del Nord, restandovi per ben dieci anni dal 1978 al 1988.
Calcio popolare a Venezia Mestre: “Palloni di stracci”
[Riceviamo e Pubblichiamo. Il 23 settembre a Venezia Mestre si terrà Palloni di Stracci, mostre, musica, un’area bambini, panini, cicheti, spritz e… calcio. L’introduzione all’evento di Enrico Leonardi]
A guardarlo bene, il pallone, non è di nessuno. È tondo, e nella sua rotondità può accontentare chi gli pare, rotolando dove vuole, sui piedi e le mani di chi preferisce. Strappa sorrisi e grida di gioia, sudore tanto, a volte qualche goccia di sangue. Un’ubriacatura di sensi e piacere che ha cresciuto intere generazioni.
Un’ebbrezza che sempre si consumava dentro le linee, anche immaginarie. Poco importa dove, ma una porta la si trovava sempre, un po’ di gesso o della segatura, uno zaino o una maglietta, il campo finiva dove si voleva.
Forme, schemi, geometrie che spesso valgono quanto uno zero tondo, tondo. Il calcio non è solo risultato, numeri, campioni da marchiare e smerciare, scienza e sofisticazione, controllo dall’alto con tessere e schedature, parole sconnesse in bibliche telecronache, quattrini, impresa, industria. Profitto.
Merda!
Il (vero) rigore più lungo del mondo
[Con molto piacere riceviamo e ripubblichiamo un bellissimo reportage di Ugo Splendore sulle tracce di Osvaldo Soriano. Uscito su “Il Manifesto” nel 2008, ve lo proponiamo con l’aggiunta di alcune immagini forniteci dall’autore]
Cinquant’anni fa battevano il rigore più lungo del mondo.
Lo ha raccontato Osvaldo Soriano, giornalista e scrittore argentino, rendendo letterario un episodio avvenuto nei paraggi ostili e assolati della Valle de Rio Negro, nel nord della Patagonia: luoghi aridi e riciclati dal vento, bastonati dal sole e sculacciati dal freddo dell’inverno.
Osvaldo Soriano se n’è andato il 29 gennaio 1997. Ha raccontato un calcio molto argentino, sgraziatamente eroico, a tratti surreale, spesso violento. Un calcio marcio negli arbitri, impuro nei modi ma lindo nei sentimenti.
El Gordo, il Grasso, come lo chiamavano gli amici, non diceva mai di preciso in che luogo erano accaduti i fatti che raccontava. Partiva da qualcosa di vero, e si vede, ma leggendo i racconti un po’ di dubbi ti si insinuano.
Sono storie che provengono dalla dispensa dagli anni 50-60, tra folate di gloria e barbare pedate. Narrano di allenatori visionari e portieri-eroi, come il Gato Diaz che parò il rigore più lungo del mondo. Un racconto davvero d’altri tempi. Continue reading
Analogie e discordanze: Tutto molto bello!
[Riceviamo e Pubblichiamo. Il 30 settembre a Bologna si terrà Tutto Molto Bello, torneo di calcetto delle etichette indipendenti. A presentazione dell’evento pubblichiamo l’introduzione di Manuel di MusicaPerBambini]
Il trenta settembre, a Bologna, seconda edizione di TuttoMoltoBello, torneo di calcetto riservato ad etichette indipendenti. Di scena chi di professione voleva fare il calciatore, ma non è riuscito a fare neanche il musicista.
L’idea da cui tutto è partito è quella di accomunare le 2 grandi passioni degli italiani. Purtroppo, però, zoccole e droga risultavano poco congeniali a un’attività diurna. Ecco allora la scelta di provare con musica e football. Produttori, promoter, artisti, tecnici del suono e tour manager, torneranno per un giorno bambini, forse perché abbisognano di qualcuno che passi loro gli alimenti. Continue reading
La Crvena Zvezda, vent’anni fa
[Riceviamo e pubblichiamo da Alessandro Gori]
Come capita ormai da troppo tempo, anche quest’anno la Crvena Zvezda, la Stella Rossa di Belgrado, ha terminato la sua stagione europea già in agosto, eliminata in modo rocambolesco dall’Europa League dal Bordeaux.
L’epoca dello splendore sembra lontana. Sono passati ormai 21 anni da quando i belgradesi conquistarono a Bari la Coppa Campioni. Con sentita emozione posso affermare che in quei giorni ero presente anch’io, come uno dei pochi (o forse l’unico) tifoso italiano della Zvezda.
È difficile spiegare esattamente come e quando venni soggiogato dal fascino della Stella Rossa, che in realtà riguardava l’insieme del calcio slavo. Il processo risale alla fine degli anni Ottanta, anche grazie a TV Koper/TeleCapodistria, la televisione slovena in lingua italiana che trasmetteva le partite dei campionati jugoslavi di calcio e di basket. Un’eccezione, visto che all’epoca era complicato trovare immagini di calcio internazionale. Continue reading
Il romanzo del vecio di Gigi Garanzini
Ci sono personaggi, nel mondo del calcio come nella vita, di cui è possibile sentire la mancanza pur senza riuscire a focalizzarne con chiarezza il motivo. Spesso la sensazione, in questi rari casi, è quella di sentirci costretti, nostro malgrado, a ridurre la complessità di un’intera esistenza a poche, ridondanti immagini. Intimamente sappiamo, pur senza saperlo veramente, che tutto non può finire dentro a quell’omologante ricordo collettivo. ‘Dev’esserci molto altro’, ci ripetiamo infastiditi da come l’apparenza delle cose più belle riesca talvolta a offuscarne la profondità che le ha precedute e seguite. Una profondità che intuiamo nella misura di quel vuoto ora percepito.
Di solitudini, numeri, precariato e potere: sul Fantacalcio e le sue maschere
La nuova stagione del campionato di Serie A si è aperta ormai da due settimane e con essa si è rinnovato l’appuntamento che tanti appassionati aspettano con il Fantacalcio. Su Twitter e su Facebook si è scatenato un dibattito acceso tra detrattori ed entusiasti del gioco. Ripropongo qui due testi che descrivono altrettante figure fondamentali di questo gioco cosi controverso
di El_Pinta
Fantacalcio, prodotto sociale e mediatico tanto fondamentale quanto ancora scandalosamente ignorato dalla teoria critica e dalle belle lettere. Fino appunto allo studio scientemente sabotatore che ho il piacere di presentarvi.
@jumpinshark
L’uomo che compila le “probabili formazioni”
L’Italia, si sa, è un paese i cui abitanti sono noti per essere santi, poeti e navigatori. Ma anche commissari tecnici, 56 milioni per l’esattezza, se nel computo non consideriamo i cittadini stranieri che una semantica né santa né poetica definisce “irregolari o clandestini”. Continue reading
Azzurro Tenebra di Giovanni Arpino
Romanzo ambientato nel 1974, Azzurro Tenebra ha visto la luce nel 1977. Arpino ha avuto bisogno di qualche anno per riannodare i fili degli eventi di quella sciagurata estate tedesca. L’Italia si era presentata spavalda in Germania, dopo il secondo posto al Mondiale del 1970, per tornare mestamente a casa dopo appena tre partite.
Arpino non ha scritto un semplice romanzo sulle disavventure della squadra azzurra, ha intrecciato alle tre partite giocate tutte le storie che in quell’estate tedesca ha vissuto e raccontato come inviato. L’unico modo, forse, per regalare ai lettori un grande romanzo sul calcio era lasciare sullo sfondo quello giocato, lasciare che scandisse il tempo e semplicemente contornasse la narrazione.
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Pragmatica del non saper cosa dire
[Riceviamo e pubblichiamo da Fabio Poroli di Corso di Linguistica Particolare un pezzo scritto in occasione degli ultimi Europei. Ci pare che l’analisi possa estendersi alle cronache del campionato appena iniziato]
di Fabio Poroli
Oltre che dalle conferme calcistiche (una generazione di Spagnoli imbattibile, una Germania che non ci batterà mai, un Balotelli che è un fenomeno, ecc.) questo Europeo è stato caratterizzato da un’importante presa di coscienza: a cosa servono i commentatori tecnici di Rai Sport? Anche prima lo pensavamo, al massimo ne parlavamo, dubbiosi, tra amici; ma in questo evento sportivo l’imbarazzo è diventato esorbitante, tanto da far intervenire Aldo Grasso il quale ha affermato di non aver mai sentito tante banalità sul calcio. In realtà la questione è più linguistica che calcistica, e da buon linguista non ho potuto accettare la categoria “banalità” per descrivere un uso. Quindi ho abbandonato l’approccio moralistico e mi sono chiesto: qual è la natura di queste “banalità”? E sopratutto: se è vero, come fa un commentatore a tenere botta per tutta la partita, dando l’idea di stare commentando, senza dire nulla di assolutamente rilevante? Insomma, come si commenta senza commentare?
Calci e sputi e colpi di testa, di Paolo Sollier
[Pubblichiamo una recensione di Filippo Casaccia apparsa su CarmillaOnLine qualche tempo fa, un consiglio di lettura sempre valido]
di Filippo Casaccia
Una bella notizia: Calci e sputi e colpi di testa torna in libreria [l’autore si riferisce all’edizione del 2008, ndR] e chi non l’ha letto dopo la pubblicazione del 1976 (probabilmente perché il titolo e la copertina dell’epoca facevano pensare a un atto d’accusa politico contro il mondo del calcio), stavolta non perda l’occasione: come Boccalone di Palandri o Porci con le ali di Rocco e Antonia, il libro di Sollier è una time capsule che ci racconta tantissimo degli anni Settanta, della vita, della politica, della sessualità. E anche, ma nemmeno troppo, del calcio. Come lo definisce Antonio Ghirelli in appendice, si tratta di un “ritratto di una generazione al suo meglio”. Ed è vero. Continue reading
La figura dell’arbitro nella storia italiana di John Foot (seconda parte)
[John Foot è uno storico italianista e insegna Storia Contemporanea al Dipartimento di Italiano dell’University College di Londra. Siamo molto felici di ospitare la seconda parte di questo suo articolo inedito per Fútbologia. Questo il link alla parte 1]
La figura dell’arbitro nella storia italiana di John Foot (prima parte)
[John Foot è uno storico italianista e insegna Storia Contemporanea al Dipartimento di Italiano dell’
di John Foot
Le regole esistono ma non è facile interpretarle
Paul Ginsborg
Le leggi per i nemici si applicano, per gli amici si interpretano
Giovanni Giolitti
a. Lo Stato italiano e la sua legittimazione
Gli Stati necessitano di livelli significativi di legittimazione, salvo quei casi in cui siano governati mediante l’uso o la minaccia della forza. Come dice J. Habermas, un sistema politico “esige che la fiducia di massa sia il più possibile diffusa”. I cittadini devono nutrire un certo livello di fiducia nelle istituzioni dello Stato per accettarne il diritto a governare, riscuotere le tasse, far rispettare la legge e la legalità, combattere le guerre e garantire la formazione scolastica dei figli. Lo Stato italiano, sin dalla sua nascita, ha avuto una sorta di crisi di legittimazione semi-permanente. Le ‘regole del gioco’ non sono mai state accettate dalla maggioranza degli Italiani, come parte integrante di una gestione ‘razionale’ da parte dello Stato e del sistema politico. Al contrario, tali regole sono state parzialmente sostitute da un altro ‘codice’ non scritto che ha reso possibile istituzionalizzare la raccomandazione, il clientelismo, l’incapacità professionale e modi più informali di scambio e comportamento.