[Dopo articoli, commenti, tweet, immagini che da anni citano Pasolini alla cazzo-di-cane, mi è tornato in mente un brano letto il 3 novembre durante #fútBOlogia12]
Come il volo di avvoltoi sul Pierpasolini. Tra tutti quelli che sanno tutto mi sento un po’ ignorante a non saperne quasi niente. Ho visto un suo solo film, “Porcile”, e mi è piaciuto.
Ho letto qualche sua poesia. Quella famosa dei poliziotti figli di proletari, antenata del Sindacato di polizia, è bella ma falsa. Nessuno se l’è mai presa col singolo poliziotto, con uno che probabilmente ha dovuto scegliere fra divisa e fame, ma con la polizia che difende il potere a manganellate e lacrimogeni in faccia. Quella poesia da una parte dipinge gli studenti come ‘figli di papà’, senza domandarsi cosa veramente siano questi studenti, cos’è il loro sessantotto, come scardinano i dogmi borghesi; dall’altra umanizza la polizia in singoli poliziotti, senza chiedersi cos’è nel suo insieme.
Non ho letto libri suoi; qualche articolo, qualcuno me ne ha parlato. Ma le sue provocazioni, l’intuito che ci metteva, mi piacevano.
Comunque lui resta sfondato da una macchina e preso in giro. Come un pittore dopo morto, i suoi quadri o cerchi o parole o scarabocchi moltiplicano il valore. C’è chi vende, chi compera e chi fa il mediatore.
[Tratto da “Calci, sputi e colpi di testa”, 1976, Paolo Sollier]