[stralcio ritrovato nei pressi del magazzino di un bar a Garbatella, Roma, tra il Vov e i gelati]
di Anonimo Mediocampista
«La prima caratteristica di quel calcio che potremmo definire molotov, è il conflitto. Non si tratta solo di “scontro” con l’avversario sul campo, ma anche e soprattutto conflitto ideologico e politico. La squadra con più storia ideologica di conflitto è “molotov”. La garra, ad esempio, come testimonia lo scritto del 1952 di Orphée D’Amblanc detto “Bomba carta”, Per una storia del calcio rivoluzionario, altro non è che un prodromo del calcio molotov».
Scriveva così nel 1978 Lucius de Sofris, scrittore guatemalteco appassionato di calcio e celebre per il suo testamento, nel quale specificava che avrebbe avuto una discendenza di “potenziali equidistanti cialtronazzi”. Della sua opera così importante e rilevante per la storia del giuoco del calcio, è giunto solo l’ultimo capitolo, l’Atto Quinto.
Cosa è calcio molotov
L’intento di De Sofris, sulla falsariga di Lucah Wumih De Madjer, picchiatore maghrebino che al “calcio jihad” (fortemente legato a quello “molotov”) dedicò il noto pamphlet Ad Allah crossando (1956, Tunisi), era di caratterizzare questo tipo di calcio sia ontologicamente sia da un punto di vista puramente tattico e tecnico. Come abbiamo visto la prima caratteristica è il conflitto. De Sofris specifica che non esiste un calcio molotov oggettivo: «oggettiva è solo la lotta di classe». Il calcio molotov invece varia di partita in partita. La squadra che in un dato contesto è molotov, può essere avversaria di una compagine molotov nella partita successiva, finendo per divenire in quel caso la «squadra imperialista», o ancora peggio una «squadra di bottegai».
«Il conflitto regna sulla valutazione di quanto consideriamo calcio molotov», postula il Nostro.
De Sofris prende spunto da una classificazione di poco anteriore alla sua opera, effettuata dal batterista di maracas armeno Tonij Negryan, autore del celebre trattatello Calcio e conflitto.
Ad esso rimanda la nota 145, andata parzialmente perduta: resta soltanto un accenno al fatto che i disegnatori considerati geniali e di sinistra a volte «sparano enormi cazzate» [traduzione posteriore, Nota del Mediocampista Anonimo].
Da un punto di vista tecnico tattico, invece, il calcio molotov è fin troppo chiaro. Nel breve estratto a noi pervenuto: «sono da considerarsi molotov quei calciatori con grandi doti di palleggio, dribbling, ridribbling, ancora dribbling, completamente inadatti alla difesa, se non attraverso un uso automatizzato del fallo tattico quando non criminale, dal prelibato tocco tecnico, capaci di rovinare tutto con un pugno nei denti all’avversario. La squadra che, calcolata la categoria conflittuale, ha il maggior numero di questi calciatori, è molotov.», scrive de Sofris.
«Poco atletici, i calciatori molotov corrono solo se devono spaccare la gamba all’avversario e amano ogni tipo di trucco da adattare al giuoco del calcio, come ad esempio fingersi morti in area di rigore, salvo poi alzarsi per insaccarla, proprio nel momento in cui l’arbitro sta per interrompere il giuoco. Il calciomolotov non è leale, anzi, il contrario: è sapido, ingeneroso, cattivo, funambolico e maledettamente bastardo».
Celebre – a questo proposito – Francisco Piedra, tecnico asturiano di origine cetniche (ma di padre di Lipari), che ad ogni partita provava a schierare 15 giocatori. «Sublime sperimentazione di calcio molotov», secondo Ahmed Vesfonnah.
Da un punto di vista tattico il calcio molotov, per De Sofris è ancora più chiaro. La squadra che utilizza una tattica, scrive, è «controrivoluzionaria, il contrario del calciomolotov».
A questo proposito De Sofris ricorda la deriva di un suo grande allievo, l’Anonimo Leninista, che invece riporta come elemento fondamentale del calcio «l’organizzazione». Una polemica molto interessante, giunta a noi attraverso lettere colme di soli insulti tra i due, ma non potremo dedicarle ora la nostra attenzione. Si dica solo che nell’ultima lettera De Sofris accusa il «calcio leninista» dei morti di Kronstad.
Narrazione del calcio molotov
Infine, la narrazione. Quando una narrazione è “calcio molotov”?
Su questo aspetto è bene tornare a una polemica che De Sofris ebbe modo di ingaggiare con il parroco di Nantes, Don Jesui Intelligent, fautore di una scuola di narrazione calcistica chiamata “schemes ad augellum”, finanziata in parte – si dice – da Israele, Città del Vaticano e l’allora Califfato Segreto e in Divenire di Mosul (praticamente l’Internazionale Monoteista): «[…] la narrazione attraverso numeri, statistiche, spuntate di cazzo, numerilli di segagrilli improvvisati, schemi ad minchiam (taluni preferiscono mentula canis), è controrivoluzionaria, è anti-molotov», scrive De Sofris al parroco di Nantes.
Il calcio molotov viene «narrato a piedi scalzi, con istinto rivoluzionario, con sventagliate di kalashnikov lessicali, sempre schierato, sempre di parte, partigiano, rivoluzionario». La narrazione del calcio, scriveva De Sofris, deve rispettare le caratteristiche «del calcio che amiamo, deve essere anch’essa, totalmente, ideologicamente, sterminatamente, molotov».
Narrazione del calcio molotov in Italia
In Italia il dibattito è acceso, come altrove. Probabilmente la questione più degna di nota nell’ambito della narrazione riguarda una guerra quasi misconosciuta a cui gli addetti ai lavori hanno conferito il titolo de La Guerra dei Gianni. Una guerra narrativa sotterranea, che da oltre quarant’anni ha luogo senza esclusione di colpi, le cui violenze verbali e letterarie (a volte fisiche) hanno sempre orientato il dibattito nazionale. Oggi sappiamo per certo che a questa guerra hanno preso parte, in modi e con livello di coinvolgimento diverso, tanti personaggi della storia recente italiana: tra essi Gianni Versace, Gianni Agnelli, Gianni Brera, Gianni Boncompagni, Gianni Letta, Gianni Morandi, Gianni Rivera, Gianni Vattimo, Gianni De Biasi, Gianni Rodari, Gianni Balestrini, Gianni De Michelis, Gianni Clerici, Gianni Minà (primo epigono nazionale del calcio molotov) e, in ultimo ma non ultimo, Gianni Riotta (nemico del popolo involontario).
Quest’ultimo sarà inviato in Bras– […]
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È a questo punto che termina lo stralcio di documento a noi pervenuto. Noi di Futbologia speriamo che queste poche righe possano bastare a spiegare e a rendere giustizia al Calcio Molotov. Questa branca della scienza ha generato studi e opere derivate, lo spin off più noto è l’Alpinismo Molotov, che ha tra i suoi massimi esegeti il gruppo di scrittori Wu Ming (segui il link per saperne di più).
Ho provato a fare uno studio degli attrattori ideologici durante il mondiale, per sua natura incompleto ma tant’è.
Alessandro Gazoia Jumpinshark lo ha definito “quadrato semiotico del giornalista al Mondiale”.
E lo puoi vedere su Google Drawings cliccando qui.
#calciomolotov che si polarizza in #calcioriot vs #calcioriotta è un no-men omen epico
I cattivi in alto e i buoni in basso
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tributo a un Benni con le scarpe piene di sassolini.
riotta “nemico involontario del popolo” senza dubbio è una perla
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Il #CalcioMolotov, che fihata si dice in Maremma. Il cazzeggio, cosa serissima, su Twitter come nella vita ti regala epifanie: perchè ancora non sapevo si chiamasse molotov, ma di quel calcio son da sempre stato fautore e innamorato. Fautore (e perdonatemi l’altisonanza e la desuetudine del termine) perchè è quello che sui campi duri e polverosi della provincia grossetana ho sempre praticato: mai un minuto zitto durante la partita, discussioni con gli arbitri (che poi erano ragazzi di 4/5 anni più grandi che la domenica mattina s’alzavano alle otto per permetterci di giocare, senza nemmeno la possibilità di provare la goduria di calciare un pallone: io ‘sta cosa non l’ho mai capita…) che il buon Varela avrebbe potutuo prende’ appunti, specie quando non ci fischiavano il fuorigioco a favore che la mia mano alzata invocava di continuo (alla Baresi diciamo, anche se il riferimento era il 4 parmigiano di Minotti); ché di rincorrere gli avversari non se ne parlava nemmeno, per quello c’era Manuel, biondo stopper con due polmoni come l’Amazzonia. Da buon libero-battitore, poi, quanti palloni ho scaravantato oltre le recinzioni per perdere preziosissimi minuti quando s’era in vantaggio: ancora mi fischiano le orecchie per gli accidenti e le madonne che mi bestemmiava contro il magazziniere dell’Orbetello, quando al Vezzosi tiravo più palloni in laguna che sui piedi dei miei compagni. E poi i tanti trucchetti adoperati per sopperire alla gracilità fisica e alla precarietà della tecnica che non mi rendevano particolarmente adatto a questo gioco (i tacchetti sui piedi della punta per non farlo staccare su calcio d’angolo, chè io saltavo sì e no quanto un foglio di Gazzetta, and so on and so on…).
E poi i “personaggi” molotov che ho conosciuto, come il mancianese Balestrelli, dotato di tecnica sopraffina, che a una comoda carriera da professionista ha preferito i campi dilettantistici ” perché lontano da casa e a letto presto mi girava le scatole andacci, e poi l’amici…” mi racconta ogni volta che si ferma a mangiare alla trattoria dove lavoro, con la inclonfondibile S blesa, da tranquillo 50enne gestore di pompa di benzina. O ancora, quando raggazino andavao a Margine Coperta a trovare Fausto Rossini, che con me aveva fatto le giovanili fino a 14 anni, e insieme s’andava a vedere gli allenamenti dei professionisti e ci si ritrovava davanti Flachi con la sigaretta accesa.
Non citerò troppi nomi “famosi” di calciatori molotov, non il mio amato Doutor chè sennò poi il Pisapia mi s’inguastisce, ma almeno Casagrande lasciatemelo ricordare, di cui una foto enorme insiemo a Pato Aguilera campeggia ancora dietro il bancone della macelleria del paesello, messa lì dal vecchio cuore granata del poro Luciano (io ‘un so’ sportivo – mi diceva – io so’ tifoso, e quando il Toro perde’ e mi girano di molto i coglioni…) e tenuta lì dai figli. Una menzione anche per Cantona, non fosse altro che con la sua maglia nera number seven marchiata Sharp, acrilica e “pruriginosissima”, mi ci son allenato per anni; per JeanMarie Pfaff (che pure non ho visto giocare se non in filmati registrati), che fino all’avvento di Higuita e del suo colpo dello Scorpione era il mio portiere preferito, per Sparwasser, per El Magico Gonzales e per Valdano, quest’ultimo più per “El miedo escenico y otras hyerbas” che per le vittorie in campo. Infine Robbie The God Fowler, molotov in ogni cellula, cui bastino le parole di uno Wiggins (altro bell’esempio di sportivo molotov, ma qui siamo nel campo di @inpuntadisella) fresco vincitore del Tour, che al giornalista che lo intervistava disse che sì, vincere era stato fantastico ed anche esser ricevuto a Buckingham Palace non era male, ma volete mettere con i complimenti ricevuti da Dio?
Hasta la molotov siempre
Ciao Ragazzi,
articolo interessantissimo. Vorrei approfondire di più sugli autori e le opere che avete citato, tale Orphée D’Amblanc “Per una storia calcio rivoluzionario” e Tonij Negryan “calcio e conflitto”.
Non ho trovato una mazza su google riguardo a queste opere, potere per cortesia aiutarmi nella ricerca?
Un caro saluto,
Nicolò
Spero tu stia scherzando. 😉
A chi ti riferisci?
Ma Negryan non è per caso lo stesso autore de: “La costituzione del Secondo tempo: prolegomeni. Cronometro dell’arbitro e liberazione comunista”?
emanuele ha ragione. Si possono trovare tracce di Negryan anche in “Impero del calcio, come la rappresentazione dei supplementari può attivare sciami intelligenti di centromediani metodisti”. Dovrebbe trovarsi in google Books.
Di Negryan importante anche il saggio “Dominio della rimessa laterale e sabotaggio delle ripartenze: gioco del calcio e modi di produzione postfordisti”. Si tratta di un librino tanto smilzo quanto controverso, che fu addirittura al centro di una vicenda giudiziaria, per via del linguaggio fortemente allegorico e delle molte citazioni di Hegel e Marx (di cui però Negryan specificava di non essere allievo indipendente).
N. fu sospettato di usare i termini calcistici come paravento, ma in realtà di veicolare con il suo saggio contenuti eversivi.
Un giudice ordinò il ritiro del libro dal commercio e che le copie già stampate fossero mandate al macero. Se non è censura questa…
Qualcuno lo possiede ancora, ma per motivi comprensibili con Google Books è difficile arrivarci.
-“hey, hai visto quel coglione che ha lasciato quel commento su futbologia?! ha pensato davvero che i libri e gli autori citati fossero realmente esistenti!”
– No, fai leggere…ahahhahaha, non ci credo! –
– Dai che lo trolliamo!
– ahahahahha, ok!!
Game over.
PS. bella trollata comunque.
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