[Riceviamo e pubblichiamo da Salvatore Migliaccio. In occasione del cinquantacinquesimo compleanno di Diego questo racconto è stato rinnovato con una introduzione breve del poeta Gianni Montieri]
Introduzione
di Gianni Montieri
La magia e, consentitemi, i miracoli non dovrebbero mai avvenire nei luoghi in cui la gente se li aspetta, per questo ho sempre diffidato dello scioglimento del sangue di San Gennaro. Intendiamoci, se San Gennaro per una volta il sangue l’avesse sciolto a Giugliano, in un rione popolare, oppure in una delle buche che mangiano il nostro asfalto, avrei potuto anche credergli. A Maradona credevamo sempre, la magia viaggiava con lui, il miracolo non aveva bisogno sempre del San Paolo. Maradona, lo prendevano, lo mettevano in macchina e ogni tanto lo portavano vicino alle nostre case, venne pure a Giugliano una volta, fece un giro di campo, e già quello ci illuminò. Il fatto che lui arrivasse era sinonimo di felicità, eravamo ragazzini, era il tempo dei sogni, Diego rappresentava il sogno reale. Altre volte guidava lui e arrivava in posti dove la gente si doveva adattare, come quella volta a Monteruscello, quella fu la volta che il bradisismo divenne un’altra cosa.
di Salvatore Migliaccio
Monteruscello periferia post-bradisismica di Pozzuoli, anno 1988. Enormi scatoloni, messi in fila, senza fiocchi e luccichii, dentro cui uomini, donne e bambini vivono arrangiandosi. L’unica bellezza concessa alle periferie è lo spazio aperto, dove puoi giocare allo sport che vuoi. Non c’è la ristrettezza del centro città, il vicolo non ha residenza, non corri il rischio che qualcuno ti buchi il pallone perché il tuo tiro ha mandato in frantumi il vetro della vecchierella scassacazz, la palla difficilmente si infilerà e resterà bloccata sotto l’auto parcheggiata in divieto di sosta. Quando si avvicina la sera e la scuola è ormai finita, l’aria delle periferie è un coro di voci. Mamme che dai balconi chiamano i figli “Antoooonio saaaali che è prontaaa la cenaaa”, e Antonio Rummenigge che non sente, impegnato in uno dei suoi sontuosi salti verso l’alto nel tentativo di colpire di testa il cross di Raimondo.
Procolo fa il pescatore, se passate alle quattro della mattina all’incrocio tra Via Gino Severino e Via Carlo Levi, lo vedrete aspettare il tre ruote di Salvatore che dalla collina lo conduce giù alla darsena, sul gozzo del masto.
Quella mattina di un mercoledì di maggio non si alzò dal letto, così come Maria che controllava i biglietti nella Circumflegrea, così come i bambini, gli adolescenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Si aspettava l’ora in cui sarebbe accaduto l’Evento, con la E maiuscola, in periferia ancora più maiuscola. I vialoni erano tappezzati di manifesti che gridavano a caratteri cubitali su sfondo azzurro la sua venuta. L’attesa agitava, creando effervescenza, la gente non riusciva a parlare d’altro, nell’aria una cantilena, una ninna nanna per il NIÑO.
C’è chi, dalla mattina presto, si accaparrava i posti migliori per vederlo meglio, anzi per toccarlo, perché girava voce che se lo toccavi avrebbe potuto cambiarti la vita, e cambiare la vita a chi vive in periferia è un miracolo raro.
Lo stradone di Via Modigliani è quello preferito dai ragazzini che a scuola finita si sfidavano con corse di motorini truccati: gli MBK, i booster squarciavano il silenzio pomeridiano, zittendo il perpetuo frinire delle cicale. Alla fine dello stradone, dopo la Chiesa di Santa Artema e il centro commerciale mai aperto, c’è la Scuola Calcio Monteruscello.
I campi di calcio di periferia sono da sempre affollati come pollai, forse per tale motivo la prima categoria è quella dei pulcini? Così piccoli che entrerebbero facilmente nei loro borsoni. La domenica mattina, giorno della partita, gli spalti sono stracolmi come se si giocasse la finale di Coppa Campioni.
Quel mercoledì niente allenamento, i giocatori del Monterusciello indossavano solo la casacca della loro squadra, di colore verde, i più piccoli, i più ansiosi di tutti, solo immaginare che sul loro campo, metterà piede lui, non li placava, non gli dava pace, colpiti da una febbre misteriosa.
Il quartiere era ormai in subbuglio, l’ora fatidica si avvicinava, fuori dal centro sportivo la ressa aumentava: anziani in quegli istanti divennero giovani leoni a difesa dello spazio conquistato. Femmene scintillanti, che prima di quel giorno uscivano di casa solo per fare la spesa alla salumeria sotto casa, furono pronte a farsi notare. Creature che sbucavano da ogni dove, padri che divennero bambini.
Uno dei tanti poteri del nostro NIÑO è stato quello di rendere, attraverso il suo gioco, tutti, ma proprio tutti, fanciulli e felici. Si andava allo stadio aspettando la magia che ti avrebbe reso felice, una felicità condivisa, una felicità programmata, già sapevi con certezza matematica che si sarebbe ripetuta tra sette giorni.
Sbucò dalla curva di Via Severini, sgommando, guidava una Renault 5 gt turbo nera, di quelle sportive, con assetto ribassato e un vistoso alettone posteriore. Percorse tutta via Modigliani tra le due ali di folla, dovette rallentare per non investire nessuno. Appena si avvicinò all’entrata della Scuola Calcio, nel momento in cui aprì lo sportello per scendere, quando apparve la sua capa riccioluta, partì l’onda.
Ecco un altro potere del NIÑO, dove passava generava sconquassi, il suo arrivo generò spostamenti e rimescolamenti, e chi si trovava in prima fila in un batter d’occhio si trovò sbalzato indietro. Le urla sostituirono la ninna nanna che andava avanti da ore, poi partì il coro che ha segnato la nostra adolescenza: “O mamma mamma mamma, o mamma mamma mamma, lo sai perche’ mi batte el corazon. Ho visto Maradona, ho visto Maradona, eh, mammà , innamorato son” .
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Dai, bonus dalla redazione, uno dei tanti video tributi con musica tamarra che è possibile recuperare su YouTube (scusa Salvatore e scusa Gianni).
io c’ero.
ricordi vaghi, pensavo fosse il ’90, o il ’91,
c’era un’enorme torta con sopra Diego
e tutti noi del Monterusciello calcio, divisi per squadre, ci facemmo la foto con lui.
Antonio Otero
Ciao Antonio, mi fa piacere che tu sia sbarcato su Futbologia, veramente un pianeta a parte, per commentare il mio racconto!!E ti ringrazio per avermi ricordato della torta, che la mia memoria aveva inghiottio chissà dove…!!!
io non c’ero, ma ti ringrazio per avermi fatto vivere l’atmosfera che si respirava quel giorno nel quartiere. E’ come…..se fossi stato presente anch’io tra quegli adulti, che si sentivano giovani leoni.
Gennaro
Buongiorno, io ero nei giovanissimi di quel monteruscello e ho la foto con Diego. Qualcuno può aiutarmi nel recuperare le foto della squadra prima delle partite di campionato ? (ne facevamo tante)
A me questo racconto invece ha fatto venir voglia di condividere un ricordo di mio padre, che negli anni ha avuto un rapporto prima d’amore e poi d’odio nei confronti di Diego… per come sono andate le cose, per quelle che erano le informazioni che giravano, insomma avete capito! Io sotto sotto però so che non lo ha odiato veramente. Di lavoro faceva il bigliettaio della CTP ed era di quelli che se ti comportavi anche un poco male a bordo, tipo che mettevi i piedi sui sediolini, non ci pensava due volte a buttarti giù, letteralmente dico! Era un puntuale, un pignolo. Quel giorno il pullman sul quale era di servizio passava per quella strada, proprio a quell’ora e Rolando l’autista, mai come quella volta, incredulo, si sentì dire: “Rola’ ferma ‘o pullman, oggi facimme ritardo… salutamme a Maradona!” e poi insime l’applaudirono cantando il coro.