Riceviamo e pubblichiamo.
Dalla redazione di Trappola del Fuorigioco abbiamo ricevuto il seguente articolo, in cui si racconta della relazione tra sottoculture musicali, consumo di stupefacenti e movimento hooligan in Inghilterra dagli anni ’60 ai primi ’90. Oltre a una breve storia del tifo organizzato inglese, vi è riportata la tesi del ricercatore Mark Gilman secondo cui questo intreccio abbia contribuito a interrompere il ciclo di violenze che ha connotato il movimento durante gli anni ’80.
di Redazione Trappola del Fuorigioco
Il rapporto tra calcio e droghe in Inghilterra appartiene, da sempre, allo schema di relazioni più complicate tra culture (e sotto-culture) giovanili e droghe. I campi di calcio della nazione inglese, infatti, rappresentano uno spaccato molto preciso delle sottoculture giovanili da almeno 40 anni.
Per molto tempo il consumo di droghe non è stato direttamente collegato al movimento hooligan. I due mondi sono venuti a contatto, secondo il ricercatore universitario Mark Gilman, soltanto verso la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ’90. Tutto d’un tratto le droghe e i rave party sono diventati popolari nella cultura calcistica; l’esplosione del fenomeno ‘Madchester’ e la diffusione della ‘acid house’ hanno sancito la definitiva unione tra hooligan e sostanze stupefacenti. Per comprendere come sia accaduto, conviene dare un’occhiata alla storia del movimento hooligan che, come Gilman spiega nel suo rapporto Football and drugs: two worlds clash, è stato portato avanti principalmente dalla classe operaia almeno fino alla fine degli anni ottanta.
Evoluzione storica del movimento hooligans
Negli anni ’60 è nato quello che oggi definiamo tifo organizzato: principalmente sotto forma di cori che partivano dalle terraces. Nonostante la nascita del primo movimento psichedelico sia contemporanea a quella del tifo organizzato, i tifosi appartenenti alla classe operaia – soprattutto mods e rockers – non usavano né LSD né cannabis. Questo tipo di droghe caratterizzava gli studenti fuoricorso delle facoltà artistiche delle università di Oxford, Cambridge e Cheltenham. Era il periodo hippie della ‘povertà auto-imposta’: ragazzi provenienti da famiglie agiate, che pagavano da sé l’università, ma vestivano in modo dismesso e consumavano erba e LSD. Gli hooligan, invece, le consideravano droghe borghesi, e per questo le ritenevano sostanze non adatte a uomini veri, preferendo pillole ed anfetamine. A differenza degli hippie, tendenzialmente di estrazione borghese e non interessati al calcio, tra i mod che assistevano dagli spalti era piuttosto diffuso il consumo di anfetamine. Del resto, in quello stesso periodo, le anfetamine erano anche il ‘motore’ delle serate della working class bianca. I club non servivano alcool, e dunque pastiglie e tavolette erano necessarie per ballare tutta la notte. Il ‘Twisted Wheel’ di Manchester era il centro della scena pop del nord e icona del movimento. Anfetamine e alcool accompagnavano anche i primi hooligan sugli spalti. E così come i mod, i ragazzi della Northern Soul indossavano abiti eleganti, e non quelli da lavoro che dovevano indossare tutti i giorni durante la settimana.
Negli anni ’70 droghe e musica ebbero un impatto decisamente più rilevante sulla cultura delle curve. I tifosi appartenenti alla working class frequentavano gli ambienti della scena Northern Soul e i classici di David Bowie, come “Hunky Dory” e “Diamond Dogs”, contribuirono ad aumentare il consumo di LSD. I locali simbolo erano il Casino di Wigan e il The torch di Stoke on Trent, mentre il motto era «Keep the faith». La fede in questione era nel ballo forsennato per tutta la notte sulle note della musica soul, sovente sotto effetto delle droghe stimolanti. Nel frattempo gli hooligan appartenenti alla sottocultura skinhead continuavano a preferire considerevoli quantità di alcool a droghe di qualsiasi tipo.
Negli ’80 sono noti per i fenomeni di violenza delle tifoserie. Ogni squadra aveva la sua parte di tifoseria casual e violenta: i cosiddetti casuals indossavano vestiti di marca invece della tradizionale maglietta della squadra e, con questo tipo di abbigliamento, gli hooligan riuscivano a confondersi tra gli altri tifosi. Vestivano in modo che potenzialmente chiunque sarebbe potuto essere un ‘casual’. Questi gruppi non erano formati esclusivamente da persone della stessa classe sociale, sebbene non fossero molto numerosi, e i loro appartenenti erano conosciuti nell’ambiente calcistico, soprattutto dalle firm rivali. Essere noti nell’ambiente equivaleva a un attestato di stima.
La diffusione massima del fenomeno casual nel 1988 aveva perso la sua forza iniziale, e gli hooligan riuscivano a causare danni con maggiore difficoltà, oramai stigmatizzati dai media non solo britannici e sottoposti al controllo crescente delle forze di polizia.
Il periodo dei rave
Visto che il fenomeno casual era in declino, i tifosi si sfogavano ormai altrove: l’acid house e la cultura ‘Madchester’ erano nati e cominciavano a diffondersi già alla fine degli anni ’80. I casuals contribuivano all’organizzazione dei rave, prendendone parte come DJ, garantendo la presenza di erba e sostanze chimiche, ma anche facendo servizio d’ordine. Prima dei rave c’erano soltanto due tipologie di locali da frequentare: alla prima appartenevano quei club ai quali si andava vestiti bene per ballare la musica commerciale bevendo una quantità incredibile di alcool, a cui seguivano la ricerca di una scopata facile, di una rissa e di un kebab; nella seconda categoria, invece, rientravano i club ‘fighetti’ e di classe, a cui era impossibile accedere.
I rave avevano in comune con il movimento punk indipendente degli anni ’70 – piuttosto popolare tra i tifosi per un breve periodo – la spontaneità con la quale gli eventi venivano organizzati. I rave e il punk erano divisi da una sostanziale e profonda differenza nel rapporto tra chi fa la musica e il pubblico che la ascolta. Nel punk esistono le star, seppur strampalate, improbabili e incapaci di suonare, separate dal pubblico, che le guarda a distanza da sotto il palco. Almeno all’inizio i rave sono profondamente diversi, non avevano spazi netti a separare i performer dal pubblico. In quegli anni il motto era «fun, celebration and participation» («divertimento, esaltazione e partecipazione»), il pubblico stesso era protagonista del rave, non cantanti, chitarristi o batteristi.
Manchester United – Barçelona. 15 Maggio 1991, Rotterdam, finale della Coppa delle Coppe
L’episodio cruciale per capire come la cultura musicale e l’uso di stupefacenti abbiano contribuito a fermare la violenza hooligan è avvenuto nel Maggio del 1991, quando il Manchester United raggiunse la finale della Coppa delle Coppe. Secondo Gilman, nulla avrebbe potuto fermare i tifosi, intenzionati a festeggiare per un’intera settimana. Si presentarono in Olanda in migliaia anche senza biglietto diversi giorni prima della partita, nonostante tutti gli sforzi fatti dalle autorità calcistiche, dalla dirigenza dello United e dai media. Sebbene la finale si giocò al Feijenoord Stadium di Rotterdam, prima della partita moltissimi tifosi andarono ad Amsterdam dove la polizia era pronta a riceverli e, sorprendentemente per chi è abituato a viaggiare dietro alla propria squadra, l’accoglienza fu amichevole e cordiale. I bar di Amsterdam si riempirono di tifosi del Manchester United che fumavano cannabis e si comportavano come bambini felici in una fabbrica di cioccolata. Nessuno aveva intenzione di scontrarsi con tifosi avversari o creare problemi. Sapevano probabilmente che al primo episodio violento, avrebbero chiuso coffee shop e bordelli, rendendo la trasferta ad Amsterdam noiosa ed anonima. La festa sarebbe finita.
La coppa non fu l’unica cosa che riportarono in Inghilterra nel 1991. I tifosi portarono indietro anche le conoscenze appena acquisite in materia di musica house italiana e techno belga; i frequentatori dell’Old Trafford diventarono frequentatori abituali dei rave alla fine della stagione 1991-92.
Questo legame tra il fenomeno hooligans e la scena musicale di Madchester era tuttavia meno stretto nel sud dell’Inghilterra. I tifosi del Chelsea, notoriamente con posizioni apertamente di destra, avevano coniato lo slogan, riportato anche sulle magliette, «Hooligans against acid».
Conclusione
La fase della acid house o del fenomeno Madchester fece sì che i tifosi fossero calmi e rilassati: volevano godersi lo spettacolo fino in fondo, diventandone i protagonisti, esattamente come accadeva nei raduni rave. Secondo le teorie di Gilman, invece, il movimento punk portava a opposte conseguenze. Come detto, nelle dinamiche di fruizione pubblica del punk esistono pochi protagonisti e sono separati dal pubblico, spettatore.
Gilman predisse anche che la violenza sarebbe tornata rapidamente e all’improvviso, così come era venuta la fase di calma temporanea. Così avvenne: anche se in scala e modalità differenti, il fenomeno della violenza hooligan è tornato attuale, e chissà che a contrastarlo non possano essere ancora una volta dei rave parties per tutta la notte.
Per approfondire:
- How the Stone Roses stopped the hooligans, da IBWM
- Football and drugs two cultures clash, dal International Journal of Drug Policy
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bel pezzo, ma “droga” al singolare, o anche l’uso di frasi come “dipendenza dalla droga” quando si parla di cose leggere (e soprattutto che NON danno dipendenza) come lsd o md, sono cose degne di giovanardi…
Molto cattivo.
«Giovanardi» è un’offesa davvero pesante, non la si affibbia soltanto per l’uso spedito di un termine su un blog.
Scherzi a parte, sono d’accordo che la fase risultava un po’ tranchant, mi sono permesso di adoperare una correzione su cui sono sicuro sarà d’accordo anche l’autore.
C_
lol ok 🙂
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ciao magari lo conoscete, il film “Weekender” del 2011 racconta un po la Manchester primi 90 con rave and stuff
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