Introduzione
Quello che segue è un articolo scritto per Fútbologia da Anthony Cartwright, scrittore inglese e autore di “Heartland” (66thand2nd, 2013), ottimo romanzo futbologico che ho avuto il piacere di presentare con Wu Ming 3 e l’autore all’ultimo Salone del Libro di Torino.
Il titolo originale del racconto è “Rust and return”, che abbiamo deciso di tradurre con i sostantivi “Ruggine e ritorno”. In inglese le due parole sono anche verbi e valgono entrambe le cose, come capirete leggendo.
La storia delle squadre di calcio inglesi del nord e delle midlands è andata spesso di pari passo con quella del territorio e delle città che le ospitano: alla grandeur di inizio Novecento è seguito un percorso di declino negli anni della deindustrializzazione, fino al disastro sociale e culturale del thatcherismo negli anni ’80.
Questa è la storia del Newport County, squadra gallese arrivata a giocarsi – perdendo – un turno in Coppa delle Coppe nel 1981 contro il Carl Zeiss Jena, squadra della DDR che aveva appena eliminato la Roma e sarebbe poi arrivata in finale.
Nel 1988 il Newport County è fallito. Solo qualche anno dopo la squadra è tornata, rifondata da un supporters trust di quattrocento tifosi, e quest’anno ha vinto la Football Conference league.
Il «ritorno» laddove restava solo «ruggine».
La versione originale del testo di Anthony è riportata in calce e precede una breve nota biografica. La seconda parte è a un click. Buona lettura.
C_ xho Presutti
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Ruggine e Ritorno
Parte 1 / 2
di Anthony Cartwright
traduzione di Sarah Cuminetti
revisione di Wu Ming 3 e Christiano Presutti
Primo tempo
Anche all’epoca, a sette anni, sapevo che Newport era una cittadina del Galles, quindi come io sia arrivato a pensare che il Newport County fosse una squadra di calcio della Black Country richiede qualche spiegazione. La Black Country si trova in Inghilterra. Si tratta di una piccola regione a nord ovest di Birmingham che un tempo fu una delle zone più industrializzate del pianeta, crocevia della rivoluzione industriale. È il luogo dove sono cresciuto, e quello di cui ho scritto in tre romanzi. Newport si trova a circa 70 miglia dalla mia città, Dudley, ma per un breve periodo, nel 1980-81, mi ero convinto che fosse solo dall’altro lato della collina su cui vivevo.
Cartoline di reti segnate in un paese che non esiste più #1
Le sagome si muovono nella lugubre oscurità della pista d’atletica: fotografi, forze dell’ordine, raccattapalle con indosso una tuta blu. La pista separa il campo dagli spalti in cemento del catino dello stadio.
Una punizione tirata dalla linea di metà campo cade verso l’area di rigore, una chiazza allagata di luce. Due teste si sollevano in alto, ma la palla continua il suo arco e i giocatori non la sfiorano nemmeno. L’attaccante, dalla chioma bionda, si appoggia al marcatore e la palla piomba sulle stringhe della sua scarpa destra, addormentata. Il tempo si ferma. E poi riaccelera quando lui, con un colpo deciso, solleva la palla dal piede, si volta, e calcia un rasoterra che attraversa l’area piccola nell’angolo lontano della rete.
I giocatori in maglia gialla festeggiano; il cannoniere biondo, Tommy Tynan, corre a braccia alzate.
Il 1980 è stato l’anno in cui mi portarono per la prima volta a vedere le partite, cominciando dalle squadre locali semi-professioniste: Dudley Town, Lye Town, Stourbridge. Poi, gloriosamente, quasi non riesco neanche a crederci ancora adesso, al Villa Park, a vedere la cavalcata trionfale dell’Aston Villa che sarebbe diventato campione d’Inghilterra per la prima volta in 71 anni. La zona dove vivevo era un patchwork di sostenitori del Villa, dell’Albion e dei Wolves (Aston Villa, West Bromwich Albion, Wolverhampton Wanderers); anche la mia famiglia lo era. I fan del Villa erano in minoranza, devo ammettere. Era una squadra di Birmingham, un club della grande città, venivano da fuori, anche se il Villa Park è appena a 10 miglia da dove vivevamo. La Black Country è orgogliosamente provinciale. Ma questa non è una storia sulle glorie del Villa (anche se sarei ben lieto di raccontarla), o sulla loro geografia, ma è la storia del Newport County.
In qualche modo è anche un ricordo del Dudley Town e dei Wolverhampton Wanderers, perché nella mia mente queste squadre si confondevano, come se fossero lo stesso club. E la cosa strana è che quando oggi penso all’avventura europea del Newport non riesco a evitare di immaginarmele sovrapposte, come quelle stampe su fogli di acetato che lasciano vedere in trasparenza l’immagine sottostante.
Che il Newport County, una squadra gallese che giocava nella Terza Divisione inglese, sia arrivato ai quarti di finale della Coppa delle Coppe è un fatto curioso già in sé. Sono entrati nella competizione perché avevano vinto la Coppa del Galles l’anno prima. Di questo ero abbastanza informato. Ed era uno dei motivi per cui pensavo che il Newport giocasse nella nostra città.
Ero stato a una partita della Coppa del Galles quella stagione: Stourbridge contro Pontllanfraith. Un gruppo di squadre inglesi di fascia bassa della zona sul confine erano state ammesse a giocare nella Coppa del Galles, spesso comportandosi anche discretamente bene. (Questa pratica è poi stata messa fuori legge dalla UEFA). Lo Stourbridge, formazione di giocatori part-time, arrivò alla finale nel 1974 e perse per un soffio contro il Cardiff.
Pontllanfraith è una città di minatori nelle valli gallesi. Le miniere ormai sono chiuse. Anche la squadra di calcio se n’è andata. Il soprannome dello Stourbridge era Glassboys, i ragazzi di vetro, e l’intera cittadina si era sviluppata soffiando, tagliando e incidendo il vetro. Ormai l’unico vetro soffiato che si trova in zona è conservato nei musei di storia locale. Invece lo Stourbridge FC è ancora una buona squadra, e alcune stagioni fa sono perfino superato alcuni turni della Coppa d’Inghilterra.
Il Newport County è stato fondato dagli uomini delle acciaierie Lysaght Orb nel 1912. La famiglia Lysaght gestiva anche altre fabbriche a Scunthorpe e Wolverhampton, anch’esse città dell’acciaio. La storia del calcio e quella dell’industria sono strettamente intrecciate. Le ley line di carbone, ferro e acciaio, ferrovie, cantieri e costruzioni navali hanno tutte contribuito a delineare la trama culturale del calcio inglese.
Le classiche maglie giallo ambra del Newport furono uno dei motivi che mi convinsero che si trattava di una squadra locale. L’aspetto era proprio lo stesso dell’Old Gold della divisa dei Wolves. In qualche modo avevo confuso le due squadre. E quando mi immaginavo quelle maglie vedevo il campo di calcio di Dudley, dove quell’anno ero stato a vedere i Wolves che battevano il Dudley sei a zero, in un match che segnava l’inaugurazione dei nuovi riflettori. Sparavano fasci di luce da sotto il castello che sta in cima alla collina nel centro della città. La casa di mio zio si affacciava sul campo di Dudley e, quando il Newport finì sulla bocca di tutti per aver superato le fasi preliminari e essere arrivato a giocare una partita importante contro il Carl Zeiss Jena della Germania Est, immaginai che le partite in casa le avrebbero giocate qui, a mezzo miglia da casa mia.
I colori del Newport arrivavano davvero dal Wolverhampton, ho poi scoperto. Narra la leggenda che le maglie del Newport siano proprio le Old Gold dei Wolves e che il club sia stato fondato nel 1912 da lavoratori esiliati della Black Country a cui mancava il calcio una volta giunti nella patria del rugby, il Galles meridionale. C’è una Dudley Street a Newport, che prende il nome dalle famiglie che si trasferirono qui per lavoro. In questo senso, forse, il Newport County è davvero una squadra della Black Country.
[Fine prima parte. Qui la seconda parte. Segue il testo originale in inglese]
Rust and Return
Parte 1 / 2
di Anthony Cartwright
I knew that Newport was a town in Wales even then, seven years old, so how I came to think that Newport County were a football club from the Black Country needs some explanation. The Black Country is in England. It’s a small region to the north and west of Birmingham and was once one of the most heavily industrialised places on earth; a crucible of the industrial revolution. It’s where I grew up, and where I’ve written about in three novels. Newport is seventy-odd miles from my town, Dudley, but for a short while in 1980-81, I thought it was just the other side of the hill on which I lived.
Postcard of goals scored in a country that no longer exists #1
Figures move through the running track gloom: photographers, police, blue track-suited ball-boys. The track separates the pitch from the stadium’s open concrete bowl.
A free-kick launched from the halfway line drops towards the penalty area, a floodlit pool. Two heads go up, but the ball stays on its arc and the players sail past. The forward, blond haired, leans into his marker and the ball drops onto the laces of his right boot, dead. Time stops. And speeds up as he flicks the ball from his feet, turns, and skims a shot across the six yard box into the far corner of the net.
The players in amber shirt celebrate; the blond haired striker, Tommy Tynan, runs with his arms aloft.
1980 was the year I was first taken to matches, to local semi-professional sides first: Dudley Town, Lye Town, Stourbrid.
That Newport County, a Welsh team who played in the English Third Division, got themselves to the quarter-finals of the European Cup-Winners Cup is a strange thing in itself. They were in the competition because they’d won the previous year’s Welsh Cup. This was something I knew a bit about. And one of the reasons I thought that Newport played in our town.
I had been to a Welsh Cup game that season: Stourbridge against Pontllanfraith. A group of lower-level English clubs near the border were allowed to compete in the Welsh Cup, and often did pretty well. (This practice has since been outlawed by UEFA.) Stourbridge, part-timers, got to the final in 1974 and lost narrowly to Cardiff.
Pontllanfraith is a mining town in the Welsh valleys. The mines have all since closed. The football club has gone too. Stourbridge’s nickname is the Glassboys, and the whole town grew up around the blowing, cutting and engraving of glass. The only glass work you find there now is in the museums that celebrate this history. Stourbridge FC are doing well, though, and even reached the early rounds of the FA Cup a couple of seasons ago.
Newport County were founded by men from the Lysaght’s Orb steelworks in 1912. The Lysaght family also ran works in Scunthorpe and Wolverhampton, steel towns themselves. Football and industrial history is deeply entwined. Ley lines of coal, iron and steel, railways, shipbuilding and the docks, made the cultural patterns of British football.
Newport’s distinctive amber shirts were one reason I came to think they were local. They looked just like the Old Gold that Wolves wore. I had got the teams confused at some level. And when I pictured those shirts, I saw the Dudley football ground, where I had also been that year to see Wolves beat Dudley six-nil, in a game to mark the lighting of the new floodlights. They beamed out underneath the castle that sits on its hill in the centre of town. My uncle’s house looked out over the Dudley ground, and so when Newport became a talking point, as they won through the early rounds to earn a big game with Carl Zeiss Jena from East Germany, I imagined the home leg would be played there, half a mile from my house.
Newport’s colours really did come from Wolverhampton, it turns out. One story has it that Newport’s shirts are Wolves’ Old Gold, and that the club was formed in 1912 by exiled Black Country workers missing football in the rugby heartland of South Wales. There’s a Dudley Street in Newport, named for the families that moved there for work. In that sense, maybe Newport County really is a Black Country team.
[End of first part. Second part available here]
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Anthony Cartwright è uno scrittore inglese.
Ha scritto i romanzi “The Afterglow”, “Heartland” e “How I Killed Margaret Thatcher”.
Dei tre, in italiano è disponibile “Heartland”, 66thAnd2nd 2013, «inquietante radiografia dell’Inghilterra multietnica d’inizio millennio, tramortita dalla cura Thatcher, ingannata dal New Labour di Blair e coinvolta nel conflitto a bassa intensità che dilaga nelle cinture metropolitane smarrite e abbandonate a sé stesse». [dal sito dell’editore, NdR]
Puoi trovare il libro anche nella libreria Anobii di Fútbologia.
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