[Di benevolenti recensioni di “Atleltico Minaccia Football Club” ne esistono fin troppe. E allora Fabrizio johngrady Demontis ha rivolto all’autore Marco Marsullo un’intervista marzulla]
Ho incontrato Marco Marsullo durante Civitavecchia Futbologica. In quell’occasione abbiamo parlato un po’ di calcio e scrittura, ma la conversazione è scivolata laddove il pubblico voleva che scivolasse, in uno scambio virtuoso di sensazioni e domande su libro, autore e pallone.
Dal momento che non tutti i temi sono stati trattati come avrei voluto, ho chiesto a Marco di rispondere a qualche domanda per il blog, a partire da Atletico Minaccia Football Club per finire a parlare di tutt’altro. In grassetto le mie domande.
La lingua di Cascione è, a mio modo di vedere, un felice ibrido tra italiano e dialetto. Comprensibili a tutti, i pochi termini e costrutti dialettali inseriti nel flusso di coscienza del protagonista hanno spesso la funzione di *risolvere* alcune situazioni. Compaiono molto spesso al termine di descrizioni o scene particolari e le concludono. Gli esempi nel testo sono numerosi. In che modo sei arrivato a questo tipo di linguaggio e che tipo di scelte hai dovuto compiere nell’economia del racconto?
Sono molto felice che tu l’abbia notato e che, ai tuoi occhi, sia un punto di forza del romanzo. L’operazione è stata proprio questa che hai descritto tu: rendere Cascione un personaggio universale, sì del Sud, ma tipicamente italiano, nei tic, nei modi di fare, nelle insoddisfazioni e nelle gioie. Volevo un personaggio che arrivasse ovunque, non che fosse una macchietta regionale.
Oltre alla scrittura di Atletico Minaccia Football Club, in questo periodo collabori con “La Gazzetta dello Sport”. La tua rubrica è divertente, ma a volte scatena umori contrastanti, come nel caso del pezzo che dedicasti alla vicenda dello stadio Is Arenas di Quartu S.E.
La domanda è: si può scrivere di calcio, in Italia, in maniera *divertita* e *divertente*?
Io credo si possa, e si debba. La mia rubrica sulla Gazza spinge proprio in questo senso, e per questo ringrazio il vicedirettore Umberto Zapelloni e il direttore Andrea Monti per la chance e lo spazio. La volontà è quella di alleggerire, prendere un po’ in giro tutti, ma parlare di calcio sempre in modo solenne. Ci si può prendere in giro anche sulle cose sacre, dopo tutto. O no? Il calcio è sacro, ma è pur sempre divertimento. E allora divertiamoci.
Il libro sta andando molto bene. In che modo la reazione del pubblico influenza la tua scrittura? Banalmente: stai lavorando a un seguito di Atletico Minaccia Football Club o stai scrivendo altro?
Siamo arrivati alla quarta ristampa in cinque mesi. Un bel po’ oltre le diecimila copie. È un grande orgoglio, ma proprio per questo il mio prossimo romanzo non sarà il sequel di Atletico Minaccia. Perché non voglio fare operazioni di marketing legate alla mia passione e alla passione dei lettori, e perché ho troppe storie in mente per ”settorizzarmi” alla narrativa calcistica. Ma magari un giorno sì, Cascione potrebbe tornare. Era previsto, quando terminai il romanzo, anche se non avevo ancora Einaudi alle spalle. Vediamo.
In Italia le narrazioni sul calcio nascono faticosamente. Spesso le rappresentazioni cinematografiche e le incursioni narrative non hanno successo e, in ogni caso, non riescono a incidere nell’immaginario. A differenza di quanto accade ad altre latitudini, vedi Inghilterra, sembra che si faccia fatica a proporre un modello di “football writing” digeribile dai nostri connazionali. Da te vorrei sapere se le scritture di calcio provenienti dall’estero hanno in qualche modo influenzato la tua scrittura e se pensi che la commedia possa essere un italian-way all’interno del football writing.
In realtà ho apprezzato, ma come tanti credo, i libri sudamericani sul calcio e soprattutto quelli inglesi (Hornby docet). Ma influenzato in maniera diretta no, non credo almeno. Un libro italiano che parla bene delle sensazioni, più che del mondo del pallone, l’ha scritto Cristiano Cavina, Un’ultima stagione da esordienti (Marcos y Marcos, dei grandi per altro). Spero che la commedia, dato che è la mia voce principale, possa essere uno spartiacque per la narrazione calcistica, purché la commedia venga fatta alla maniera di quella di Monicelli, per dirne una, e non sul modello recente dei cinepanettoni. Ecco, questo sarebbe importante.
Da scrittore che trova nella carta la via privilegiata per la distribuzione delle sue storie, cosa pensi delle diverse esperienze di storie pallonare che si trovano in rete? Mi riferisco ai vari blog che si occupano di narrativa, economia, tecnica e tattica del calcio e che raccolgono numerose visualizzazioni ma che faticano a produrre contenuti “mainstream”.
Credo che un blog resti sempre un blog. Nell’immaginario collettivo dei lettori, e degli appassionati di storie, un sito può arrivare fino a un certo punto. Per arrivare oltre, probabilmente, ci vuole la carta che profumi della storia che si legge. Ci vuole un autore con una storia, con altre storie alle spalle, con un editore che garantisca per lui. Io seguo molti siti calcistici, tra cui il vostro e non lo dico per piaggeria, lo sapete, e trovo che l’apporto intrattenitivo di alcuni di loro sia ottimo, dentro ci scrive gente davvero preparata.
Siamo al momento Marsullo vs Marzullo e concludiamo con due domande che ci ha suggerito Fabrizio Gabrielli. Se Atletico Minaccia fosse un disco, che disco sarebbe? E se fosse un film?
Il disco: Let it bleed, degli Stones, il mio preferito. Un film: L’uomo in più, Sorrentino (almeno, mi piacerebbe). E sto bestemmiando. Paolo perdonami perché non so quel che dico.
Grazie Marco, il «fatti una domanda, datti una risposta», solo per questa volta, lo saltiamo.
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Marco Marsullo ha scritto diversi racconti e ha esordito nel romanzo con “Atletico Minaccia Football Club”, 2013 Einaudi Stile Libero Big.
Scrive sulla Gazzetta dello Sport e sulle pagine (culturali e sportive) del Corriere del Mezzogiorno.
Lo puoi trovare su Twitter e Facebook e sul sito ufficiale MarcoMarsullo.com.
Aggiungo un breve commento. Quest’intervista nasce nei giorni di Civitavecchia Fútbologica, e da parte mia ho cercato di riproporre gli argomenti che abbiamo trattato col pubblico durante l’evento. In questo senso si tratta di un lavoro collettivo a tre tra Fabrizio Gabrielli, Marco Marsullo e me piuttosto che di una *classica* “intervista con l’autore”.
Ah e p.s.: un grosso “NO” per Hornby, anche se “Alta Fedeltà” ci può stare in una libreria pallonara. In seconda fila. Dietro tomi voluminosi che lo nascondano.
Alta Fedeltà magari no, ma Febbre a 90 direi che ci sta in una libreria futblogica e nemmeno nascosto.
Saluti