[Riceviamo e pubblichiamo. Abbiamo chiesto a Emanuele Giulianelli, calciofilo con la passione per i campionati cadetti di tutta Europa, di fare il punto della situazione sulla serie B italiana. Ci aspettiamo che questo articolo apra la strada ad altre analisi sull’universo calcistico minore in maniera comparata, come piace a noi. Lo spazio dei commenti è a vostra disposizione e la carne al fuoco non manca.]
di Emanuele Giulianelli
Si parla molto di calcio italiano in crisi e si fanno spesso solo paragoni in negativo tra il nostro movimento calcistico e quelli degli altri Paesi europei. Non sono più i tempi nei quali i grandi fuoriclasse internazionali sceglievano come meta preferita l’Italia.
Forse il discorso è valido per la Serie A. Ma c’è un campionato che sta piano piano diventando un modello di crescita e sviluppo, seguito con attenzione anche dall’estero: si tratta della Serie B.
Il campionato italiano di Serie B è nato, a livello nazionale, nel 1929-30 con la riforma dei campionati e l’istituzione del cosiddetto girone unico nelle due massime divisioni nazionali. Da lì è nato lo schema dei campionati così come lo conosciamo oggi, con piccole differenze in nomi e numero di squadre partecipanti, ma sostanzialmente uguale. Si parte da una prima divisione, la Serie A e si passa, a scendere, a una seconda divisione, la Serie B: da lì si va alla C (oggi Lega Pro) e così via verso i campionati dilettantistici. Per amore della storia vale la pena ricordare che, mentre la Serie A dal momento della riforma si è sempre disputata a girone unico, la B ha avuto anche formule diverse, a due gironi e, addirittura, tra il 1946 e il 1948, tre gironi misti B-C.
Fino al 2009 la Serie A e la B convivevano sotto la stessa giurisdizione, quella della Lega Nazionale Professionisti. Nel maggio di quell’anno, però, è avvenuta la storica scissione tra la Lega Serie A e quella Serie B: gli interessi tra le ricche squadre della A e quelle della B, soprattutto economici legati ai diritti tv, erano diventati troppo diversi per essere trattati e tutelati da uno stesso soggetto. Si è deciso che ciascuna delle due Leghe avrebbe lavorato meglio per le proprie squadre se si fossero separate. E così è stato.
Al contrario delle aspettative, il beneficio della scissione è stato maggiore per la Lega Serie B, nata nel 2010 dopo quasi un anno di commissariamento da parte di Mario Beretta. Da campionato travolto da scandali, sospetti, con poche prospettive, la Serie B in tre anni è diventato un serbatoio di giovani interessanti e di valore, ha fatto nascere un marchio spendibile sul mercato, dato voce a società prima ammutolite dalle urla degli squadroni della Serie A e, soprattutto sviluppato progetti interessanti e avveniristici. I playoff e i playout sono una delle caratteristiche peculiari nello svolgimento del campionato di B, ma anche le regole per la valorizzazione dei giovani stanno portando il campionato a buoni livelli di seguito. Dal 2006 c’è anche un trofeo che va al vincitore del campionato cadetto, la coppa Ali della Vittoria.
La Lega Serie B sta lavorando al suo futuro, per essere anche volano di iniziative e idee da portare poi alla Serie A e, anche, in Europa. Alcune iniziative cercano di coinvolgere il pubblico nelle decisioni, come la recente ricerca di mercato “La Nostra Gente”, un questionario online attraverso cui mappare e analizzare il tifo verso il campionato cadetto.
Ho accennato agli scandali degli anni passati: è ancora viva la ferita della cosiddetta “scommessopoli”, un giro di partite truccate che ha minato la credibilità del campionato cadetto e della Lega Pro, portando ad annate ricche di squadre penalizzate, di coinvolgimenti più o meno diretti delle società nella compravendita dei match, di giocatori che non si sono fatti scrupoli nel segnare autoreti in derby, o capitani storici che hanno venduto le partite, in spregio dei tifosi che andavano allo stadio convinti della buonafede dei loro beniamini.
Gli sforzi che la Lega di B sta facendo in questa direzione sono enormi: il tifoso e lo spettatore che si accostano a questo campionato ormai guardano con sospetto qualsiasi risultato inaspettato, hanno difficoltà a godersi una rimonta come impresa di una squadra o dell’altra senza pensare, invece, a una combine. Va recuperata, quindi, la credibilità per il campionato che, più di ogni altro, può essere il trampolino di lancio per le generazione di futuri campioni che andranno a popolare la Serie A e a costituire le Nazionali degli anni a venire.
I giovani, quindi, diventano la chiave del gioco della Serie B, com’è evidente dagli ultimi regolamenti approntati in vista della prossima stagione 2013/14. Innanzitutto verrà introdotto il cosiddetto “salary cap”, il tetto salariale così diffuso negli sport americani: gli stipendi dei calciatori non potranno superare i 150.000 euro nella parte fissa e altrettanti nella parte variabile dei contratti; la norma non è vincolante, ma le società che sforeranno i paletti verranno penalizzati nei contributi elargiti dalla Lega di Serie B stessa, di una quantità di denaro pari a quella “sforata” rispetto al tetto degli ingaggi.
Una bella scommessa per Andrea Abodi (presidente di Lega Serie B, NdR), visto che oggi un club su quattro è fuori dai parametri.
Inoltre le rose avranno una composizione ben precisa, che tenderà a valorizzare i vivai, producendo un vantaggio per il movimento calcistico, ma anche una drastica riduzione dei costi: le squadre potranno tesserare 18 over 23, 2 under 23, 2 cosiddette “bandiere” (giocatori under 30 al quarto anno consecutivo di tesseramento) e illimitati under 21.
Non solo: un aspetto ancora più interessante è il tentativo sta della Lega Serie B di attirare nuovo pubblico, soprattutto le famiglie. Si punta sulle infrastrutture, sugli stadi, affinché siano sempre più adatti a ospitare un campionato ricco di tifosi, di famiglie e di semplici appassionati.
Per questo è nato anche il progetto “B Futura”, che intende promuovere la realizzazione di nuovi impianti a capienza e costi contenuti, o di adeguare quelli già esistenti, per un tipo di pubblico nuovo, costituito soprattutto da famiglie e da ragazzi. Il progetto ha goduto di molti appoggi al suo lancio, e le attuali implicazioni e la sua efficacia saranno da valutare negli anni a venire.
Aumentare il livello tecnico del campionato e le infrastrutture sono le chiavi per attirare sempre più persone alla Serie B, un campionato avvincente e sempre incerto. La Serie B italiana come laboratorio per il futuro è una novità nel nostro Paese, con la speranza che si smetta di guardare soltanto indietro.
__
Puoi trovare Emanuele Giulianelli su Twitter o i suoi articoli sul sito La bottega del calciofilo.
Un salary cup uguale per tutte le squadre di serie B può sembrare una buona idea per abbattere i costi legati agli ingaggi dei calciatori ma sono dell’idea che ogni società può fissare il proprio tetto ingaggi nella misura che più ritiene adeguata tenendo presente le entrate finanziarie della società. Fissando un tetto massimo di ingaggio si impedisce, ad esempio, alle società ambiziose di mettere in atto un progetto per competere alla promozione nella massima serie. Allo stesso modo una società di serie A retrocessa in cadetteria si vedrà costretta a “svendere” i suoi calciatori migliori (su cui hanno investito) perchè hanno un ingaggio superiore a quello prefissato. E’ pur vero che una tale politica permette (in un certo senso costringe) le società a puntare sul vivaio e sui giovani ma non deve passare l’idea che una società minore venga usata come una fabbrica di giovani calciatori da poter saccheggiare. Io avrei proposto un mini fair-play finanziario, ovvero che il suo bilancio annuale debba avere (es.) un deficit massimo di 2 milioni di euro.
Non ci saranno costrizioni. Come ho scritto nel pezzo, non è un obbligo quello del tetto ingaggi: se una squadra che viene dalla Serie A vuole tenersi i suoi pezzi pregiati con ingaggi elevati, rinuncerà ai contributi della Lega e andrà avanti con le sue gambe. E con i suoi stipendi stellari.
Pingback: Fútbologia: Serie B: laboratorio per il futuro del calcio italiano? | la bottega del calciofilo
Lo scandalo che ha suscitato “scommessopoli” ha annichilito tutti quelli che, come me, pur non abbonandosi, andavano spesso e volentieri al San Nicola a vedere ” La Bari” fare un calcio poco divertente. Con l’ovvia conseguenza di svuotare uno stadio già tendenzialmente vuoto. Io ad esempio ci ho messo due anni per tornare al tornello (concedetemela). E sempre con meno convinzione.
Inoltre, penso che il sistema del salary cap possa portare, nelle fila delle squadre della cadetteria, orde di giovanissimi giocatori motivati a far bene per la giusta ambizione di andar a far soldoni (che non hanno in B)nelle squadre di categoria superiore. Ovviamente non si tratta di un sillogismo aristotelico, ma credo che almeno ci troveremo di fronte a questa tendenza. E si tratta di una ipotesi tremendamente ottimistica.
Infatti, di contro, l’esperienza ci insegna che ultimamente, a voler essere riduttivi,che ciò che ha incentivato la propensione dei giocatori a “vendersi” le partite è stata proprio una questione di denaro, o meglio la sua mancanza. Ed i ritardi di pagamento.
Mi spiego meglio. Qui a Bari lo scandalo delle partite combinate, che ha avuto il suo climax nel derby, è stato visto e (poco) giustificato in questo modo: i giocatori hanno accettato denaro per “aggiustare” un risultato poichè non percepivano emolumenti. E questa è l’ipotesi tremendamente pessimistica riguardo al salary cap.
Complimenti per l’articolo, che ricostruisce alcuni passaggi recenti non troppo conosciuti.
Un piccolo appunto: devo dire che non ho mai visto con grande favore il sistema playoff-playout, soprattutto in una lega come la Serie B. Di suo è già un campionato molto lungo e faticoso, ed allungarlo ancora con un ulteriore turno non mi è mai sembrato un grande contributo al campionato. Inoltre, mi è sempre parso come un mancato rispetto della classifica finale, posto che giocarsi l’obiettivo di un’intera stagione in un singolo match (pur se andata-ritorno) dal risultato incerto non renda onore alle società che sono in grado di arrivare con successo a fine campionato.
da operatore del settore e lavorandoci, ritengo che il lavoro fatto, e che si sta facendo, produrrà risultati notevoli. Tante cose stanno gradualmente cambiando, in positivo, nel mercato dei tifosi tanti si sono avvicinati alla serie B tralasciando una serie A a volte dai risultati scontati e dallo spettacolo non sempre a livello del prezzo del biglietto o dell’abbonamento tv. Le novità commerciali e di comunicazione proposte da alcune società, altre inserite dalla Lega, e soprattutto i giovani che scendono in campo, stanno dando un’immagine positiva e di rinnovamento a tutto il sistema.
Spesso si collabora fra manager di società diverse su iniziative mirate, e spesso si trova l’appoggio incondizionato della Lega, che ha uno staff dirigenziale competente, disponibile e soprattutto umile.
E’ un vero e proprio laboratorio, che cresce anno dopo anno, e che ad alcune compagini provenienti dalla A fa quasi drizzare i capelli data l’organizzazione, la propensione al dialogo dei soggetti e della cordialità.
Per non parlare poi di idee “rivoluzionarie” come il salary cap e le partite di Natale.
Insomma, un gran bel campionato. E’ bello esserci e seguirlo.