di Tiziano Colombi
«L’appartenere a un mondo multiculturale esige un forte e maturo senso di identità». (Ryszard Kapuscinski – L’altro)
I leoni della teranga sconfiggono la Nazionale nigeriana 6 a 4 dopo i calci di rigore.
Sono, per la seconda volta, campioni del Balon Mundial, il torneo delle comunità migranti di Torino.
Nell’albo la nazionale più vincente è quella della Costa D’Avorio, con tre successi. Uno per il Perù e uno per la formazione denominata Khorankanè completano la storia delle sei edizioni del torneo.
– Dio è con noi! –
– Dio è con noi! – urla il tifoso senegalese sotto di me sugli spalti dello stadio Primo Nebbiolo.
Il Senegal ha segnato il quinto decisivo rigore, tutti dritti in porta, nessun errore, complice la malinconica figura di Lucky James. Il portiere della Nigeria, con nome da pistolero, se n’è stato tutto il tempo sulla linea di porta rassegnato al peggio, come aspettasse una pallottola di Clint Eastwood. Fino a qualche minuto prima però pareva che l’Altissimo avesse rivolto il suo sguardo altrove.
La Nigeria sotto per uno a zero dal secondo minuto del primo tempo si era ripresa la partita al novantaduesimo.
Poi i supplementari con il Senegal che dà di matto e rimane in dieci per l’espulsione di uno dei suoi centrocampisti. Lo stesso, prima di abbandonare il campo, va sotto la tribuna a dare indicazioni ai tifosi sugli spalti facendo ampio uso dei suoi attributi extracalcistici.
Quelli non la prendono bene e ne esce un parapiglia.
Tra urla, spintoni e irrisioni varie si va avanti una decina di minuti con gli organizzatori che minacciano la sospensione della partita.
Il pubblico comincia a intonare un sonoro – Basta! Basta! Basta! – e i ragazzoni si danno una calmata.
Gestione democratica e alternativa dell’ordine pubblico.
Dopo un inizio fulminante la giornata per i leoni ha rischiato di gustarsi proprio a un passo dalla fine. Il mister sciamano della Nigeria, abbigliato con tunica a fiori e copricapo rosso, sedeva in panchina tramando qualcosa. A metà del secondo tempo, infatti, aveva mandato il numero 14 a scaldarsi. Il giovanotto, senza calzettoni ma con i parastinchi gialli in bella evidenza, si era incamminato senza battere ciglio. Corsa, scatti, stretching ma nessuna chiamata. La Nigeria riusciva a pareggiare in zona Cesarini e lui imperterrito continuava con i suoi esercizi. Supplementari e niente. Nella concitazione se lo erano forse scordato?
Per nulla, arrivano i rigori ed eccolo comparire al centro del campo. Presa la palla, sistemata nel punto di battuta, appariva sereno, in forma. Nemmeno una goccia di sudore a imperlare la fronte. Lui e il suo mister sembravano sapere qualcosa che tutti noi ignoravamo, senegalesi compresi. Come il cucchiaio di Pirlo contro Hart aveva scalfito la sicurezza degli inglesi nei quarti dell’Europeo, così il numero 14 nigeriano avrebbe imposto all’Altissimo di indirizzare la sua benevolenza più a est?
Palla da una parte portiere dall’altra. La maglia tesa, baciata con trasporto. Un’occhiata alla panchina.
– Eccolo Dio che si scorda del Senegal– ha pensato il drappello di tifosi seduti al mio fianco.
Come lo scorso anno contro il Perù.
La storia però prende un’altra piega e i ragazzi della teranga, parola che significa tenerezza e celebra la proverbiale ospitalità senegalese, dopo avere rischiato di mandare tutto al diavolo si riprendono il Mundial.
La Nigeria manda il quarto rigore sulla traversa.
L’arma segreta dell’allenatore sciamano non è bastata ai verdi d’Africa per portare a casa la coppa.
Poi sono canti e balli.
Arrivano dopo la lotta, la fatica e sì, anche un poco di rabbia.
– È il calcio baby – con tanti saluti al sopravvalutato terzo tempo del rugby.
La cerimonia incorona anche le ragazze del Mundialito, il torneo di calcio a cinque vinto dalla compagine italiana ai danni dell’Ecuador della stella Mesa Carrasco Jecsy Erika, classe 1994.
In tribuna le lattine vuote uscite a decina dalle borse frigo delle famiglie ecuadoregne indicano che la giornata è stata calda e festosa.
Dagli stand dei paesi partecipanti sale il fumo della carne sulla griglia.
A casa un articolo sul sito di Repubblica titola Calcio, gli stranieri sorpassano gli italiani: Il totale dei minuti di gioco è pari al 52%. Si parla del campionato di SerieA e del difficile compito, per Prandelli, di mettere in piedi una buona Nazionale se i club continueranno su questa strada.
Ecco, forse al Balon Mundial di giovani fenomeni non se ne sono visti molti ma di potenziali italiani sì.
Cominciamo da qui?
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