Calcio e media

[di Enrico Marini, giornalista freelance e PhD student alla Universidad Carlos III de Madrid.]

Calcio e globalizzazione

Più dell’economia di mercato o della democrazia – come afferma il prof. Pascale Boniface – il calcio è l’unico fenomeno globale che non conosce confini. Mentre il FMI è costituito da 188 stati membri e l’ONU da 193, la FIFA supera tutti con 209. Globalizzazione che è perfino linguistica, la passione per il calcio ha coniato un linguaggio talmente diffuso presso tutti gli strati della società da essere usato, con sempre maggiore frequenza, in altri ambiti: la ‘performance’ oggi è quella della nazionale di Spagna che rifilandoci quattro gol vince il suo terzo titolo internazionale consecutivo, ma è anche il risultato economico di un’impresa, o dello stesso paese Spagna. Inoltre, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, i politici di mezza Europa fanno sempre più spesso riferimento alla metafora di squadra, con l’intenzione di trasmettere valori di unità e spirito di sacrificio.

A colazione: calcio e tv

Il calcio e lo sport in generale nel corso del XX secolo si sono evoluti di pari passo con i media. Lo sport è stato, e continua ad essere, uno dei contenuti cardine della stampa: in Italia e Spagna troviamo rispettivamente 3 e 4 grandi quotidiani sportivi. Fondamentale anche nella storia della radio (oggi esistono emittenti interamente dedicate al pallone) e della tv (uno dei primi programmi a colori fu l’Olimpiade di Monaco 1972). L’interrelazione tra lo sport e i media ha aggiunto al calcio una buona dose di spettacolo e di business. Il replay di Tardelli esultante nel Mundial ‘82 – che veicola in simbolo la gioia e l’esultanza, oltre il gesto sportivo – è ormai puro spettacolo impresso nella memoria di tutti gli italiani, anche in quelli che all’epoca non erano ancora nati, e più del gol stesso (provate a cercare con Google Immagini “gol Tardelli Spagna 1982”).

Per quanto concerne il business basti dire che la tv è il maggior finanziatore del fútbol grazie ai diritti televisivi comprati a suon di milioni, cosa che le ha permesso d’imporre perfino gli orari delle partite. Già nel Mondiale di Mexico1986, a dispetto della salute dei giocatori e dello spettacolo, la FIFA decise di giocare le partite nelle ore più calde per poterle trasmettere in diretta in Europa nella fascia di maggior audience ovvero verso sera. E trasmettere in prime time per le televisioni europee significava naturalmente vendere a peso d’oro gli spazi pubblicitari.
Ma la tv ha cambiato anche la narrazione delle partite. I replay e le mille telecamere hanno creato giocatori/attori, ovvero simulatori pettinatissimi intenti ad ingannare l’arbitro tanto quanto a sedurre le platee. Senza scordare che la scatola magica è stata perfino il motore del cambiamento di alcune regole del calcio (il cartellino giallo per la simulazione, la prova tv etc). I replay durante el Clásico di Coppa del Re tra Real Madrid e Barcellona dell’anno scorso sottolinearono l’entrata violenta di Pepe sul povero Dani Alves, ma solo il giorno dopo, grazie alle decine di telecamere da tutto il mondo, si notò come il dolore di Alves fosse una vera e propria messinscena. Il Brasiliano infatti era stato più veloce di Pepe, evitando per pochi millimetri il contatto coi tacchetti dell’irruente madridista. Non è affatto da escludere che prossimamente si utilizzi la prova tv non solo per i violenti, ma anche per i ‘cascatori’.

Quel che è certo è che nei prossimi mondiali si utilizzerà la tecnologia per stabilire se il pallone abbia superato completamente la linea di porta. La pressione per cambiare le regole anche in questo caso arriva (indirettamente) dai media: da anni infatti i telespettatori comodamente seduti sul divano potevano giudicare meglio degli arbitri il gol/non gol. Tra le due tecnologie in lizza la più ‘mediatica’ è l’occhio di falco. Questo sistema, come già dimostrato nel tennis, è congeniale alle tv che hanno trasformato la tecnologia in contenuto del media stesso.

Internet, i social network e il sogno americano

E internet che cambiamenti sta producendo? In primis sta mutando il giornalismo in generale e quello sportivo in particolare. I social network (Facebook, Twitter etc) trasformano il giornalismo sportivo in publicity. Gli sponsor infatti hanno capito che lanciando una campagna virale su Internet anche col panchinaro Kakà, riescono ad ottenere spazio gratis sui giornali sportivi, radio e programmi tv. Internet ha sì moltiplicato le fonti, ma allo stesso tempo è il regno del ‘copia/incolla’, dell’omologazione, dove la velocità e l’aggiornamento continuo delle notizie ha avuto la meglio sulla qualità. Attenti, non dico che la rete non dia possibilità di diventare autorevole con un blog personale e ben fatto, ma è difficilissimo: quello che promette la rete assomiglia di più al sogno americano che a una democrazia informativa.
L’informazione con la rete non è più un’esclusiva dei giornalisti, ogni azienda può comunicare direttamente con gli utenti attraverso i vari profili sui social network. Inoltre su Facebook e Twitter gli sponsor pagano i calciatori affinché pubblichino post con la nuova scarpa dai colori bislacchi o facendo colazione con un noto marchio spagnolo di cioccolato (lo fecero sia Casillas sia Puyol, e al capitano blaugrana venne addirittura dedicato un articolo, o meglio una “marchetta”, sul Mundo Deportivo).

La pubblicità sul web sfrutta il voyeurismo del pubblico  per campioni che sono ormai vere e proprie stelle pop. Lo dimostrano i milioni di fan in tutto il mondo che Cristiano Ronaldo e Messi hanno su Facebook (46 e 37 milioni, rispettivamente, cifre da capogiro; mentre il mio povero blog, a ragion veduta, non se lo legge manco mio cugino…).

La comunicazione online per la prima volta ci offre la “reciprocità” o meglio il feedback. Tutti possiamo commentare sui social network e ciò espone sportivi (e pure giornalisti e altri “addetti ai lavori”) alle critiche del pubblico. Ma prendiamo il punto di vista di una multinazionale sia essa Nike, il mes que un club Barcelona o Bwin: il feedback è una miniera d’informazione gratuita sull’età, il sesso, i gusti e la nazionalità di tutti coloro che li seguono on-line. Il calcio ad alti livelli è ormai un immenso circo che sta trasformando i fan in consumatori di prodotti, tangibili o mediatici che siano, e che spesso poco hanno a che fare con la pratica di questo sport. Perché vogliamo gli slip di Beckham o di Ronaldo? La risposta è perché ormai sono delle star planetarie: giovani, ricchi, famosi e molto spesso fidanzati con la modella del momento.

Il calcio soprattutto su web è più show che sport: lo dimostra il fatto che durante Euro 2012 – secondo un’analisi fatta da l’Equipe – il calciatore più citato su Twitter è stato Mario Balotelli. Nonostante non abbia vinto la coppa e non sia stato il miglior calciatore del torneo, Balo, come lo chiamano a Manchester, è una star tanto per le bravate fuori dal campo, le esultanze atipiche e i gossip quanto per le prestazioni sportive. La foto di Mario che mostra i muscoli dopo il secondo gol segnato alla Germania ha addirittura scatenato un fenomeno grassroots (come direbbe Henry Jenkins) e memi: gli utenti di tutto il mondo l’hanno modificata in mille modi diversi. E queste nuove immagini “hanno fatto il giro del web”, ovvero sono state riprese dagli stessi media mainstream.

[Segui @Enrico_Marini su Twitter.]

One thought on “Calcio e media

  1. Antonio

    Inappuntabile disamina sulla potenza delle TV, ricordando il mondiale di Messico 86 e il massacro di otto anni dopo ad Usa 94.

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