[Riceviamo e pubblichiamo – da marabou]
Ero a Rio de Janeiro la notte del 4 dicembre 2011, davanti al Bar do Mineiro, nel barrio di Santa Teresa. Sgranocchiavo ghiaccio e lime, insieme al mio amico Mauro, andaluso, scrittore, appassionato di calcio ed ex tifoso del Real Madrid. Da qualche anno tifa Getafe. Il Corinthias, proprio quel giorno vinceva il suo quinto campionato pareggiando con i cugini e rivali storici del Palmeiras riportandosi a San Paolo il brasileirão. Quel 4 dicembre Rio era insolitamente silenzioza. Prima del fischio d’inizio, i giocatori del Corinthias, disegnavano un semicerchio di pugni alzati al cielo, la panchina non esitava a ripetere il gesto e così i tifosi. Il pugno chiuso levato era un omaggio a Socrates, storico capitano del Corinthias e della seleção ma soprattutto promotore di un’esperimento unico nella storia del calcio professionistico: la democracia corintiana. Quella stessa notte il Dottore come lo chiamavano i compagni per la sua laurea in medicina veniva stroncato da una vita passata a leggere, bere e fumare.
Il ghiaccio si è ormai sciolto, la cachaça entra in circolo e iniziamo a discutere di Socrates. Mauro mi dice di quando nell’83-84 Socrates si era battuto nella campagna Diretas jà che rivendicava l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Io gli racconto una leggenda che circola in Italia su Socrates e Gramsci. Ci perdiamo in discorsi che rimpallano tra letteratura e Real Madrid, poesia e pallanuoto, il Barcellona di Messi e la La Disparition di Perec. Poi Mauro riagguanta in tackle Socrates e con lo sguardo perso tra il cammino ferrato del Bonde lascia scivolare poche sillabe: «si può essere scrittori anche nel calcio.. si può scrivere sul campo». «Scrittori e ribelli» gli rispondo io senza pensare. «Rebeldes..» ripete lui e dopo pochi secondi mi chiede se conosco Ramon Sempere, l’ariete del Sabadell. Gli rispondo che no, non ne ho mai sentito parlare, tanto meno del Sabadell. Non si stupisce, smuove gli occhi dai solchi delle rotaie vuoti da troppo tempo e inizia a raccontarmi la sua storia:
«Román Sempere Capdevila è nato a Manresa, città tra gli altri anche di Sergio Busquets il giovane mediano del Barça, nel 1960. Prima di approdare al calcio, ha provato con il basket e la pallanuoto, senza però ottenere grandi risultati. A quindici anni entra a far parte del Club Nataciò Manresa stimolato dal suo compagno di scuola Manuel. Lo stesso Manuel che quattro anni più tardi approderà al Barcellona diventando uno dei giocatori più forti della storia della pallanuoto; amico di Pep Guardiola e dal 2008 responsabile delle relazioni esterne dei blaugrana. Ma l’acqua non è il suo elemento. Finalmente prova con il calcio, ed è la volta buona. Dopo un po’ di gavetta nelle serie minori, nel 1989 viene ingaggiato dal Sabadell, squadra che militava nella Seconda Divisione spagnola. L’obiettivo stagionale è riconquistare la Primera División abbandonata appena due anni prima (i tifosi del Sabadell ancora oggi sognano quella promozione). Nell’estate del 1989, alterna allenamenti al lavoro di conducente di autobus e nel tempo libero si dedica alla letteratura. Inizia a leggere soprattutto autori francesi: Roussel, Leiris, Perec e Queneau tra i quali s’intrufola anche il piemontese Pavese..»
Lo blocco proprio su Pavese: «ma tu come la conosci questa storia?»,
«Ho letto il suo libro» mi risponde lui.
«Ha scritto un libro?» ribatto io stupito.
«Sì, s’intitola Habló el valiente, l’ho trovato in una piccola libreria di Barcellona dove vado sempre quando capito da quelle parti».
Fra me e me penso che si tratti di una delle solite biografie scritte a quattro mani con un giornalista invasato, alla Pellegatti per intenderci, che racconta l’infanzia infelice del giocatore, il padre che lo picchiava e i suoi rapporti orali con le tifose negli spogliatoi di mezza Spagna. Mauro sembra notare la mia aria di sufficienza ma non si scompone: «Sempere racconta in Habló el valiente che è stato grazie ad un amico o forse un’amica di nome Z che si è avvicinato alla letteratura ma io ho un’altra teoria, concordo con Pablo Moíño Sánchez».
«E chi è?» lo interrompo io, incapace di stare zitto per più di tre minuti.
«Dopo aver letto l’autobiografia di Sempere sono tornato alla libreria e ho chiesto qualche informazione in più sull’autore-calciatore ma non mi hanno saputo dire niente. La libraia dai capelli ricci mi ha chiesto però di aspettare un momento, si è infilata dietro una tenda verde scuro e pochi minuti dopo è riapparsa con un libricino dalla copertina di cartone, intitolato Paradoja del libre encadenado, pubblicato nel settembre 2011 dalla casa editrice CelestinaCartonera y Cartoneritaniñabonita. La copertina era effettivamente di cartone, proprio quello degli scatoloni dei traslochi: la parte anteriore colorata con vernice rossa e decorata con una linea verticale verde, le lettere del titolo pennellate di nero e il retro cartone grezzo, con qualche macchia di vernice qua e là. L’autore del libro escluso dalla eco-copertina. È lui il Pablo Moíño Sánchez con cui concordo, l’autore di Paradoja del libre encadenado, che tra l’altro contiene anche un pezzo molto interessante di Grassa Toro intitolato Por una literatura liberada sexualmente. Ma come avrai capito, la parte che a me interessava di più era la prima, nella quale il giovane scrittore commentava e a suo modo recensiva proprio Hablò el Valiente, l’opera di Roman Sempere! È grazie a questo scritto che ho maturato i miei dubbi sul misterioso amico/a letterato/a di Sempere presente nella sua autobiografia. Moíño non crede infatti all’esistenza dell’amico/a Z ma è convinto che Sempere se lo sia inventato di sana pianta!»
«Moíño pensa quindi che Sempere si sia servito di un artefatto letterario?»
«Si proprio così, e anche io ne sono convinto. E non ci sarebbe di cui stupirsene».
«Calciatori.. artefatti letterari.. mah..» mormoro io, stampando due o tre m in più sul bicchiere ormai vuoto.
Mauro prosegue senza considerare i miei dubbi: «Realtà o invenzione che sia poco cambia, Z è descritto da Sempere come un personaggio chiave della sua esperienza umana e calcistica. Ti spiego meglio. Sempere racconta che ogni domenica, dalla prima all’ultima di campionato, scendeva in campo imponendosi una serie di costrizioni e l’unico al corrente di tutto ciò era proprio Z. Ma in cosa consistono queste costrizioni? All’esordio con il Sabadell, Sempere scende in campo e non esita a tirar fuori la penna, entra nella narrazione e la sconvolge. Non si limita a subirla ma la reintrepreta e la modifica a suo piacimento. Decide che potrà toccare la palla con i piedi soltanto se prima l’avrà colpita con la testa»
Scrive: El primer día, pese a los nervios, fue relativamente fácil. El reto consistía en no tocar el balon hasta haberlo hecho con la cabeza. Dada mi posición en el campo, libre, eso significaba básicamente jugar adelantado, atento a todos los balones altos, y no buscar jamás el pase de un compañero. De imediato corría yo hacia delante, siempre cerca del defensa rival (y descuidando por tanto mi posicíon), con el único objectivo de no recibir ningún pase a no ser que fuera por alto (pp. 103-104).
[Il primo giorno, nonostante il nervosismo, fu relativamente facile. La sfida consisteva nel non toccare il pallone finché non lo si faceva con la testa. Data la mia posizione in campo, libero, questo significava fondamentalmente giocare avanzato, attento a tutte le palle alte, e non cercare mai il passaggio dei compagni. Io correvo subito in avanti, sempre vicino alla difesa rivale (lasciando quindi scoperta la mia posizione), con l’unico obiettivo di non ricevere nessun passaggio che non fosse alto. Trad. Futbologia]
«Alla nona di campionato contro l’Atletico Madrid B Sempere potrà toccare la palla per la prima volta durante l’incontro solo se è il numero 7 a passaglierla. Contro il Racing de Santander dovrà assolutamente battere la prima rimessa laterale. Il grado di difficoltà delle costrizioni aumenta man mano che il campionato va avanti. Alla quattordicesima giornata nel match vinto per 3-1 contro il Levante potrà toccare per tutta la durata dell’incontro la palla soltanto con il piede destro, il suo piede, mai con la sinistra, né con la testa, né con il petto; la giornata successiva contro lo Xerez la regola s’inverte, i tocchi potranno essere effettuati solo col piede mancino. Nessuno si accorge di niente e Sempere continua a giocare titolare. Contro l’Elche sostiene addirittura di aver toccato la palla soltanto nello spazio delimitato dalle due aree di rigore e dal cerchio di centrocampo».
Per tutto il campionato Sempere con la complicità di Z continuerà ad inventare nuove regole narrative imponendole agli altri ventuno sul campo, senza tuttavia rivelarle né ai lettori (gli spettatori) né ai co-protagonisti (i compagni), ignari delle sue imprese. Un’operazione come lascia intendere Pablo Moíño Sánchez, degna di un membro dell’Oulipo (l’Officina di Letteratura Potenziale creata nel 1960 da Queneau e Roboud che annovera tra le sue file scrittori e matematici), ma marcatamente più tragica e solitaria. Sempere impone infatti alle consuetudinarie regole narrative del calcio, le sue tecniche di scrittura fondendo insieme sfida personale e sperimentazione letteraria, senza tuttavia riuscire a condividere la sua rivoluzione. Che resta solo sua. Sempere scrive sul campo, crea, come negarlo? È potenzialmente rivoluzionario ma non riesce a incidere sui significati perché non collettivizza le sue narrazioni.
In poche righe di Habló el valiente riassume la sua romantica e testarda rivoluzione, contro il calcio e per il calcio prendendo a prestito le parole amare di Cesare Pavese che nel Mestiere di vivere scriveva: Ti stupisci che gli altri ti passino accanto e non sappiano, quando tu passi accanto a tanti e non sai, non t’interessa, qual è la loro pena, il loro cancro segreto?
E conclude la sua opera così: Ese año descendieron de Primera División el Celta, el Rayo Vallecano y, tras una emocionante e igualada eliminatoria de promocíon contra el Español, el Málaga, equipo donde, el año anterior, se había retirado del fútbol el polémico y genial Juan Gómez, Juanito. El Sabadell continuó en Segunda hasta la nefasta temporada 92-93, en que terminó en último lugar y además fue castigado con el descenso a Tercera División por deudas. Yo dejé el fútbol y volví al autobús, donde sigo trabajando hoy. Allí, pese a lo que muchos opinan, tambien es posible la creatividad (pp.304-305).
[Quell’anno retrocessero dalla prima divisione il Celta, il Rayo Vallecano e, in un’ emozionante ed equilibrata partita di playoff contro l’Español, il Málaga, squadra dove l’anno prima si era ritirato dal calcio il polemico e geniale Juan Gómez, Juanito. Il Sabadell continuò in seconda divisione, fino alla disastrosa stagione 92-93, nella quale finì ultimo e oltretutto fu castigato con la retrocessione in terza divisione per debiti. Io lasciai il calcio e tornai sull’autobus, sul quale lavoro ancora oggi. Anche lì, nonostante quello che pensano molti, è possibile essere creativi. Trad. Futbologia].
Per approfondimenti:
Román Sempere, Habló el valiente, Barcelona: edición por cuenta del autor, 2006
Pablo Moíño Sánchez, Paradoja del libre encadenado, edición CelestinaCartonera y Cartoneritaniñabonita, 2011
www.cesabadell.org
Immagine 1: Manuel Estiarte a 15 anni tratta da waterpololegends.com
Immagine 2: Copertina di Paradoja del libre encadenado
Immagine 3: Georges Perec
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E guardate qui, approposito di Maradona-Messi-Estiarte:
http://www.youtube.com/watch?v=Ks_ScHiOUYM