[Quinta puntata delle cronache anticipate di Luca aka Wu Ming 3]
Polonia-Russia
I valorosi compagni dell’Armata Rossa erano reduci da un rutilante successo, a spese degli storici vassalli socialisti cechi. Che poi era anche una giusta punizione verso quel viscido controrivoluzionario di Dubček. Oggi sarebbe toccata uguale sorte a un altro satellite della sfolgorante galassia sovietica. Beh, il compagno generale Jaruzelski se ne sarebbe fatto una ragione, d’altronde chi mai avrebbe potuto opporsi al fragoroso incedere, al marziale fraseggio dei suoi soldati calciatori, capaci di mantenere lo stesso ritmo anche a trenta gradi sotto zero? Il compagno Petr Lojaconosky, generale allenatore, guardava i suoi allenarsi. Orgoglioso. Pregustava già medaglie e onorificenze che il Presidente avrebbe elargito, e la dacia sul Mar Nero, e vodka e figa per tutti. Il Comunismo. Non poteva che andare così. Era scritto, scientifico.
Almeno questo credeva lui.
Ora, è importante spiegare che Petr Lojaconoskj, C.T. della Russia, era un cyborg. Si trattava di un complesso impianto biotecnologico, che veniva programmato e riprogrammato secondo gli obiettivi, e installato dentro carcasse umane ben conservate. Petr Lojaconoskj, nell’attuale configurazione, altri non era che un clone psichico del celeberrimo Colonnello – Allenatore che tanto lustro aveva portato al socialismo calcistico. Petr, in altra configurazione, era stato anche usato come drone per operazioni coperte, e non c’è da esserne fieri, ma queste sono altre storie.
In realtà, la sua versione originale, la carcassa, apparteneva a Pietro Lojacono, siciliano e comunista, di Trapani, trasferitosi armi e bagagli a Mosca, per vivere il suo sogno socialista, verso la fine degli anni ’60. Del sogno e di Pietro si erano ben presto perse le tracce. Sfiga. Ma ecco che riappariva, decenni e decenni dopo, in ben altre vesti. Senza dubbio aveva fatto carriera.
Quel furbacchione di Putin, che ne conservava il corpo nei freezer della Lubjanka fin dagli anni ’70, lo aveva fatto riprogrammare conservandone alcune caratteristiche storiche. Infatti Lojaconoskj era convinto che il Presidente fosse Brežnev, e di avere in porta ancora Jašin, il grande Lev. Al portiere titolare avevano solo dovuto dire di non farci caso, di sbattersene i coglioni. Tutto tranquillo. Le cose andavano bene. Lojaconoskj stava facendo un gran lavoro, non si fermava mai, e la squadra era forte. E poi si accontentava di un cazzo, manco lo voleva lo stipendio. Comunque, alla fine del torneo lo avrebbe fatto uccidere.
Petr Lojaconoskj traguardava i suoi compagni calciatori all’opera, ma in realtà fissava dritto negli occhi l’orizzonte del Socialismo. Stasera ci sarebbe stata la partita. Un altro mattone di una fulgida epopea collettiva. Niente poteva andare storto. Gli avversari non esistevano.
E così fu. Polonia-Russia 0-2.
Diavolo d’un Putin.
L.
__
Tutta la serie de “L’Europeo visto da lontano” di Luca Wu Ming 3.