Due giorni fa ho finito di leggere per la seconda volta Il Barça di Sandro Modeo, faticando con Google, YouTube e Wikipedia per tiki-taka, cantera, Xavi, Iniesta, El Clásico e manita, da me colpevolmente lasciati “nel vago” in prima lettura. Ho trovato invece in egual misura facili le parti (peraltro onestamente metaforiche) su meccanica quantistica, microbiologia ed esecuzione filologica di “musica antica”. Questo non a causa di una mia particolare expertise in quelle scienze e arti: semplicemente a 15 anni ho eliminato del tutto il calcio dai miei interessi. Pur ignorantissimo, conosco inevitabilmente meglio i batteri, Monteverdi, i fermioni e i bosoni (e pure le ceramiche di Sèvres, gli olimpici badminton e curling, la lotta per le investiture, la preparazione della pizza e il cinema di Tinto Brass) che il fútbol.
A 15 anni ho deciso che non avrei più sopportato le telecronache “rinnovate” con l’inserimento del “giornalista” (ancora tra virgolette, convinte) accanto alla panchina per informare su starnuti e scaccolamenti del mister, gli ultras fasci (gli unici presenti nella mia zona), i genitori a bordo campo che si accapigliano su di una punizione forse mal assegnata in una partita tra bimbi di nove anni, i titoli sui quotidiani sportivi con il rimando obbligatorio e distorto a un film o a un libro o a un’espressione comunque nota (la sofferenza fisica nel leggere “Alla ricerca del gol perduto” e anche, forse sovrainterpretando in paranoia, “Il gol ritrovato”), i discorsi da bar, non per il bar ma per il loro ripetersi formulaicamente sino allo stordimento, le commedie con la scena della partitella, le commedie con l’immancabile scena della partitella, le commedie con l’immancabile irredimibile scena della partitella, i presidenti petrolieri dallo “stile pacato” elogiatissimo e i presidenti filibustieri dall”irruenza generosa” ugualmente commendevole, le partite “arrangiate” e peggio (che questa la butto lì un po’ troppo facile, lo so), Mosca con le bombe del calciomercato, il pendolino delle previsioni e le tette strizzate per contratto della bella ragazza a fianco, le ironie di pantagruelica ipocrisia sulla cattiva grammatica dei calciatori, la cattiva grammatica dei calciatori e (di) quelli che scrivono di calcio. [Come me.]
Quel gioco non mi pareva valere la candela, non mi divertiva più. Confesso però che proprio del tutto non mi sono staccato, alcune eccezionali figure si sono imposte appunto in eccezione e ripetizione: continuerò infatti a rivedere con gioia negli anni i vecchi filmati dell’Olanda e di Cruijff, quando da noi era ancora Cruyff traslitterato alla buona, e alimenterò il mio personale culto di Frengo e, per riflesso, di Simpatia Zeman. Coi gol segnati al 14esimo e i rigori battuti da 41 metri.
Ora tutto è cambiato. Da qualche mese studio come un pazzo, leggo pile di libri e guardo pure un mucchio di partite (che si fa ancora più fatica, se mancano solide basi), perché Xho mi ha chiesto di dargli una mano con questa Fútbologia. Ho accettato subito con entusiasmo d’amico, e in poche ore, venendo a conoscenza di quello che aveva già prodotto la “Banda”, ho capito dove mi ero andato a infilare. Perché, nonostante lo snobismo e il riduzionismo antifutbolici mostrati sinora, so benissimo, ho sempre saputo, che il calcio è molto altro dalle mie antipatie e da definizioni oppiacee come, precisamente, “l’oppio dei popoli televisivi” (e anche da Cruijff, Zeman, Frengo che sono comunque il meglio; sul primo ora ho anche l’autorità Modeo da citare, sugli altri due ci facciamo due chiacchiere al bar di Fútbologia a Ottobre, se volete). Il calcio è un magnifico sport da giocare, prima di tutto (un prima di valore, naturalmente), è un fenomeno storico e socio-economico molto complesso, è una “passione vera” (tra virgolette non ironiche ma citazionali) per milioni di italiani e, più vicino a me, per quasi tutti i miei amici e una non piccola parte di amiche.
E se Fútbologia – questa cosa che mettiamo su insieme a Xho, alla “Banda” e, spero, a molti di voi che mi state leggendo – vuole davvero parlare e ragionare in modo diverso di calcio, se mette al centro il divertimento (non è per forza una brutta parola, non significa per forza “ignorare tutto il resto”, anche quando è applicata al calcio) e la partecipazione attiva di quello che con termine perfettamente anestetizzante si chiama “pubblico”, allora non solo do una mano per amicizia e con doverosa umiltà dell’ultimo arrivato, ma sono anche orgoglioso di partecipare.
Per cercare, tutti insieme, dal basso, di rialzare, anche solo un poco e per pochi (relativamente), il livello, del discorso e dell’esperienza del fútbol. E per divertirci di nuovo.
Parole sante, quelle lette in questo articolo, parole che ormai è molto difficile ritrovare in mezzo ai discorsoni dei tantissimi “pseudo-giornalisti”, pronti a corrodere in qualsiasi modo il mondo del calcio pur di vendere i propri lavori.
Speriamo che questo blog possa crescere sempre più!