Nota.
Un post tecnico: come sta andando il campionato cinese e perché De Laurentis blatera. (mi perdonino i fratelli napoletani). E un saluto, un abbraccio, un daje e tutto quanto può arrivare da Pechino a Perugia a Fagiolino. E date sti soldi a futbologia, che tra poco vi arriva il salasso del Supporto Legale, pure.
Mettiamola così: entra Drogba a inizio secondo tempo. A Guangzhou (l’altro, il Guangzhou RF, non quello di Lippi come ha riportato erroneamente la Gazza, ad esempio). Il pubblico applaude, fragoroso, quello avversario dico. L’arbitro è talmente emozionato che sorride, un po’ vergognoso, stringendogli in modo energico la mano. Comincia il secondo tempo, punizione per lo Shanghai da circa 40 metri. Drogba si muove, come a dire, faccio io.
Nessuno dei suoi compagni fiata, e ci mancherebbe pure. Una castagna da par suo, con successivo paratone del portiere che si rialza come se avesse appena parato 5 rigori su 5, abbracciato dai compagni, ultra celebrato dalla platea (stadio pieno, poi ci torniamo, che invece a vedere Manchester City vs Arsenal a Pechino c’erano quattro gatti) visibilmente frastornato: cristo, pensa, ho parato una legnata di Drogba. Passano cinque minuti, movimento di Didier, passaggio, gol: 1-1. Batista – senza barba, a dire il vero – in panca respira e il suo Shanghai, con Anelka capitano, pareggia e torna a pensieri meno pesanti. Ieri hanno bloccato sul 2-2 il Guangzhou di Lippi, con il paraguayano Barrios, veramente forte, ancora a segno.
Drogba è uno che bendato e legato, anche dallo spogliatoio trova la porta: è un fuoriclasse. In Cina è un gigante, è impossibile spiegare quanto sia più forte degli altri. Un gigante.
Lo conoscono tutti. Invece nessuno sa chi cazzo è sto rumeno che ha fatto 15 pere. Si chiama Cristian Danalache, gioca nel Jiangsu, squadra rivelazione del campionato attualmente seconda in classifica a cinque punti di svantaggio dal Guangzhou, ma ha una partita in meno. Transfermarkt dice che vale 700.000 euro. È rapido, è un bel torello, per certi movimenti ricorda il suo connazionale Mutu, a suo discapito il fatto che fare gol in Cina non sembra la cosa più difficile del mondo.
E veniamo a noi: De Laurentis tuona: “non andiamo a Pechino” (domenica ancora si parla di questo, se poi il post andrà su a cose risolte, è il bello del web). Dice che non vuole andare a Pechino, perché per i tifosi è uno sbattimento (te credo). Preciso: non sono nazionalista, per niente, ma forse quando poi ce la tiriamo con “l’Italia di qua e l’Italia di là”, dovremmo anche capire che tutti questi “commenti estemporanei” sono delle emerite figure da chi se la tira, quando ormai neanche te la puoi tirare più di tanto: un’attrice ormai in disuso.
I cinesi, che piaccia o no, sganciano 5 milioni di euro per questa partita: due alle squadre e uno alla Lega. Inoltre pagano tutto: viaggio, trasporti a Pechino, campi, alloggi. Ha un autista privato anche l’ultimo degli omini della Lega che viene qui ad assicurarsi che tutto proceda bene.
E i cinesi già sono incazzati come delle bisce: la Lega ha dato l’ok solo un mese fa e ora l’organizzazione locale (che stando a quanto dicono gli operatori del settore è una delle migliori del paese) è ancora senza sponsor, quindi presumibilmente l’evento sarà un bagno di sangue anche perché la Juve è conosciuta, il Napoli no, quindi probabile che una valanga di biglietti verrà regalata. Mentre Milan–Inter aveva creato attesa con centinaia di eventi correlati e pubblicità ovunque, Juve–Napoli sembra inesistente.
I cinesi, per altro, hanno già raggiunto un accordo con la Spagna per la supercoppa nazionale e quindi è probabile che dal prossimo anno ci facciano pippa. Per carità meglio per i tifosi che potranno vedersi la finale in Italia, ma quando poi si parla di esportare un prodotto, come ad esempio il calcio, meglio rimanere zitti, invece di pontificare.
Già giochi a calcio, o se non giochi sei dirigente barra portaborse, barra magazziniere e comunque in Italia sei l’amico dell’amico dell’amico del calciatore, e a dire sfiga, sei considerato una specie di dio tra gli amici al bar, insomma: sei fortunato, hai un gran culo. In più fai cadere dall’alto tutto: l’albergo non va bene, il cibo, per carità portiamo quintali di pasta che poi rimane qui a Pechino (grazie, tra l’altro, che a noi expat piace questa carità involontaria), e i campi hanno le zolle gialle, e gli allenamenti e il Napoli vuole l’Hyatt, che significa un delirio, con il traffico di Pechino, ma voglio l’Hyatt, voglio l’Hyatt! Ma insomma noi siamo italiani, namber uan, ci dovete trattare con rispetto, noi siamo i più bravi, abbiamo bisogno di questo e quell’altro.
Finché un cinese, non ti guarda, ti pesa con quei suoi occhietti, quelli che Kapuściński riteneva così enigmatici e ti dice: scusa, ma perché? Si gira, becca il primo spagnolo che passa e i cinque milioncini non ci sono più.
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