Category Archives: Fútbologia

Carlos Caszely. Il re del metro quadro contro Augusto Pinochet

[Riceviamo e pubblichiamo. Oggi 11 settembre ricorre il quarantesimo anniversario del Golpe cileno di Augusto Pinochet, evento che ha sconvolto non solo la storia del Cile, ma quella del mondo intero. Dario Falcini, giornalista di Radio Popolare, ha intervistato Carlos Caszely, calciatore della nazionale cilena che in quegli anni si oppose alla dittatura, uno dei cinque calciatori simbolo raccontati da Eric Cantona nel documentario “Les rebelles du foot”. L’audio dell’intervista segue in fondo all’articolo]

Carlos Caszely

di Dario Falcini

Primo piano di una donna sulla sessantina. È seduta su un divano a fiori, indossa una camicia bianca e ha i capelli neri, tinti. Signora Olga Garrido, si legge nel sottopancia.

Inizia a parlare: «Sono stata sequestrata e picchiata brutalmente» – dice – «Le torture fisiche sono riuscita a cancellarle, quelle morali non posso dimenticarle. Per questo io voterò No».

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Maniman… centoventi anni di Grifone

[Di solito a Fútbologia evitiamo di glorificare una singola squadra. Ma la celebrazione della fondazione del più antico club d’Italia necessita di essere onorata. Lo fa per noi il direttore editoriale di China Files Simone Pieranni, esperto di questioni dell’Estremo Oriente, genovese e appassionato del Grifone. Manco a dirlo. NdR]

Genoa CFC 1983

Il 7 settembre 1893 (data di nascita di Mao Zedong) è la data di fondazione del Grifone, la società più antica d’Italia, quella che ha insegnato il calcio al paese, quando alcuni inglesi un po’ chic e classisti crearono il Genoa Cricket and Football Club.

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Ruggine e Ritorno (parte 2)

Di seguito la seconda parte del racconto che Anthony Cartwright ha scritto per Fútbologia. È disponibile la prima parte con una breve introduzione di Christo Presutti.

Il testo originale inglese segue in calce, come anche una breve nota biografica sull’autore.

foto Tommy Tynan and John Aldridge

Tommy Tynan and John Aldridge

Ruggine e Ritorno

Parte 2 / 2

di Anthony Cartwright
traduzione di Sarah Cuminetti
revisione di Luca Wu Ming 3 e Christiano Presutti

Secondo tempo

Tommy Tynan era il motivo principale per il quale seguivo la stagione del Newport con trasporto. Era grazie a lui che la squadra si era ritrovata a giocare in Germania Est. Penso sia stata l’allitterazione nel suo nome che aveva inizialmente attirato la mia attenzione. Uno dei miei eroi quell’anno era Roy Race, quel Roy of the Rovers le cui gesta nei Melchester Rovers venivano narrate in un fumetto settimanale. Si dà il caso che Tommy Tynan assomigliasse proprio a Roy dei Rovers, con quei capelli biondi che scendevano fino al collo, e il motivo per cui era diventato calciatore era una storia da un eroe dei fumetti. La sua carriera era cominciata nel Liverpool di Bill Shankly quando il quotidiano locale, il Liverpool Echo, aveva lanciato un concorso per trovare un nuovo giocatore.

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Ruggine e Ritorno (parte 1)

Introduzione

Quello che segue è un articolo scritto per Fútbologia da Anthony Cartwright, scrittore inglese e autore di “Heartland” (66thand2nd, 2013), ottimo romanzo futbologico che ho avuto il piacere di presentare con Wu Ming 3 e l’autore all’ultimo Salone del Libro di Torino.

Il titolo originale del racconto è “Rust and return”, che abbiamo deciso di tradurre con i sostantivi “Ruggine e ritorno”. In inglese le due parole sono anche verbi e valgono entrambe le cose, come capirete leggendo.

foto Post box Black Country

La storia delle squadre di calcio inglesi del nord e delle midlands è andata spesso di pari passo con quella del territorio e delle città che le ospitano: alla grandeur di inizio Novecento è seguito un percorso di declino negli anni della deindustrializzazione, fino al disastro sociale e culturale del thatcherismo negli anni ’80.

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Intervista a Marco Marsullo

[Di benevolenti recensioni di “Atleltico Minaccia Football Club” ne esistono fin troppe. E allora Fabrizio johngrady Demontis ha rivolto all’autore Marco Marsullo un’intervista marzulla]

copertina di Atletico Minaccia Football Club

Ho incontrato Marco Marsullo durante Civitavecchia Futbologica. In quell’occasione abbiamo parlato un po’ di calcio e scrittura, ma la conversazione è scivolata laddove il pubblico voleva che scivolasse, in uno scambio virtuoso di sensazioni e domande su libro, autore e pallone.

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Essere campione è un dettaglio

Dante Di Domenico ha tradotto e sottotitolato per Fútbologia il documentario “Ser Campeão é Detalhe” (2011, “Essere campione è un dettaglio”). Dura circa 25 minuti e ve lo proponiamo qui con una breve presentazione. Buona visione.

foto di Sócrates di spalle, al posto dello sponsor «Dia 5 vote»

Per descrivere la storia recente del Brasile, della dittatura ultraventennale e dei fenomeni di cultura popolare che hanno portato alla sua caduta, servirebbero uno storico e un trattato storiografico. Ecco, io non sono uno storico, questo non è un trattato. Vi chiedo di perdonare sin da subito il tono del seguente articolo, che potrebbe risultarvi lacunoso e cronachistico. Tenetelo come introduzione agli eventi descritti con più cuore nel documentario che segue. Amen.

Nel 1963, nel Brasile schiacciato da una profonda crisi, il Ministro della Pianificazione Celso Furtado programma l’attuazione di una riforma agraria e la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere. Quelle riforme non avranno mai luogo: il 31 marzo del 1964 il colpo di stato militare del maresciallo Castelo Branco, appoggiato dagli USA, destituisce il presidente João Goulart.

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Serie B: laboratorio per il futuro del calcio italiano?

[Riceviamo e pubblichiamo. Abbiamo chiesto a Emanuele Giulianelli, calciofilo con la passione per i campionati cadetti di tutta Europa, di fare il punto della situazione sulla serie B italiana. Ci aspettiamo che questo articolo apra la strada ad altre analisi sull’universo calcistico minore in maniera comparata, come piace a noi. Lo spazio dei commenti è a vostra disposizione e la carne al fuoco non manca.]

Una gara di serie B a Terni

Una gara di serie B a Terni (la curva Est)

di Emanuele Giulianelli

Si parla molto di calcio italiano in crisi e si fanno spesso solo paragoni in negativo tra il nostro movimento calcistico e quelli degli altri Paesi europei. Non sono più i tempi nei quali i grandi fuoriclasse internazionali sceglievano come meta preferita l’Italia.

Forse il discorso è valido per la Serie A. Ma c’è un campionato che sta piano piano diventando un modello di crescita e sviluppo, seguito con attenzione anche dall’estero: si tratta della Serie B.

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Ahlawy

[Riceviamo e pubblichiamo. Andrea Luchetta è stato in Egitto e ha curato per la Gazzetta dello Sport lo speciale su Port Said uscito in ExtraTime lo scorso 2 aprile. Ci ha inviato questo bel reportage sulla sua trasferta ad Alessandria con gli Ahlawi, ultras del Al Ahly]

foto curva Ahlawi

di Andrea Luchetta

Port Said, 1 febbraio 2012. Alla fine di Al Masry-Al Ahly centinaia di spettatori assaltano la curva degli ospiti. In pochi minuti si contano 72 vittime, mentre la polizia resta a guardare. È il prezzo che gli Ahlawy, gli ultras del Al Ahly, pagano per il loro impegno politico. È la vendetta del vecchio regime contro la fanteria della rivoluzione. Da allora – promettono gli ultras – non metteranno più piede in uno stadio finché non avranno ottenuto giustizia. Il 9 marzo 2013 il tribunale di Port Said conferma la condanna a morte di 21 tifosi del Al Masry e condanna a 15 anni due funzionari di polizia. Un mese dopo, la sera del 7 aprile, gli Ahlawy tornano in curva. Si gioca a Borg El Arab, 10 km da Alessandria, per i sedicesimi di Champions League contro il kenyoti del Tusker (2-1 per l’Al Ahly a Nairobi).

«Non vedo l’ora di stare in curva, amico. Arriviamo a pranzo e ci diamo dentro con le coreografie. Ci si becca lì» saluta Gamal. Ventisei anni e più battaglie di un veterano napoleonico, Gamal è un ultras della vecchia guardia. A Port Said è sfuggito a due sicari che lo inseguivano con una spada («Una spada… Cioè, che cazzo! Prima ne avevo viste solo al cinema»). Il mattino della partita il Cairo è un girone infernale. 35 gradi, metropolitana in sciopero e traffico impazzito. Siamo i soli a soffrirne, nel pulmino che lentamente arranca verso il deserto. Di fianco a noi due ragazzini siedono uno sopra l’altro, ridendo e sventolando una bandiera del Al Ahly. Un terzo – serissimo – rompe il silenzio solo per chiedere un po’ d’acqua. Avranno sui 10 anni, e se ne vanno in trasferta da soli, in curva, nella prima partita aperta ai tifosi dall’eccidio di Port Said. Nessuno sembra trovare la cosa strana.

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Non tiri mai! #CVFut best of

[Lo scorso 18 aprile a Civitavecchia si è tenuta una manifestazione futbologica con Marco Marsullo, Fabrizio Gabrielli e John Grady. Un racconto di quanto accaduto a latere]

Julio li guida verso l’unico angolo deserto della piazza. Un portone di legno aperto a metà che regge una bacheca di vetro, vuota. Intorno, ragazzini che giocano a pallone, persone sedute sulle panchine. È questo l’ingresso della biblioteca?, chiede John.
Sì, oltre il cortile interno.
Andiamo.

Un paio d’ore dopo il gruppetto si riaffaccia sulla piazza, l’umore varia da “siete sempre un pubblico di merda” a “miglior dibattito EVAH”. C’è meno gente, in piazza, e le urla dei ragazzini che giocano a pallone si fanno strada sopra il rumore continuo del traffico. 

CVFut

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Back home. Time, Memory and Football

[Riceviamo e Pubblichiamo. Qualche giorno fa l’AFC Bournemouth è salito per la seconda volta nella sua storia in Championship League. Roger Bromley, professore emerito della Notthingham University e originario di Bournemouth, ci ha inviato questo magnifico articolo, che prende le mosse dall’evento per spaziare nei temi di identità e memoria. In una parola, fútbologico. Leggetelo tutto, anche la postilla biografica in fondo.]

1957 - Bournemouth and Boscombe Athletic fans show their support before the match

2 Marzo 1957 – Bournemouth and Boscombe Athletic VS Manchester Utd

di Roger Bromley

Molti anni fa la scrittrice Ella Winter aveva detto all’oramai dimenticato romanziere americano Thomas Wolfe, «Non lo sai che non puoi più tornare a casa?». Wolfe usò questa frase come titolo del suo ultimo romanzo, pubblicato postumo nel 1940. Nella parte finale del romanzo, George Webber, il protagonista, arriva alla conclusione che: “Non puoi tornare alla tua famiglia, tornare alla tua infanzia… tornare ai sogni di gloria e fama di giovane uomo, tornare ai luoghi di origine, tornare alle vecchie forme e organizzazione delle cose che un tempo sembravano eterne e che invece continuano a cambiare… rifuggire il  Tempo e i Ricordi”.

Tutto questo mi è tornato alla mente pochi giorni fa quando la squadra della mia città, l’AFC Bournemouth, ha raggiunto la promozione nella English Championship League (la seconda serie del campionato inglese) per la seconda volta nell’arco di centoquattordici anni, e dopo un’assenza di ventitré. Durante una cupa e gelida giornata dell’inverno 1950 assistevo alla mia prima partita a Dean Court a Boscombe (sobborgo di Bournemouth dove si trova lo stadio, NdT).

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Il custode

[Riceviamo e pubblichiamo. Oggi 15 aprile 2013 ricorre l’anniversario del disastro dello Hillsborough Stadium di Sheffiled, la tragedia per cui ventiquattro anni fa 96 persone di età compresa tra 10 e 67 anni persero la vita e 766 rimasero ferite. Oggi è certo che le responsabilità della polizia furono insabbiate dal governo allora in carica, presieduto da Margaret Thatcher. La storia, in un racconto di Luca Pisapia, a quasi cinque lustri dai fatti]

Di Luca Pisapia

Hillsborough, persone a terra sul prato

Lo incontro in un edificio a due piani di mattoncini rossi, di fianco a un parcheggio, dove c’è lo storico pub dei tifosi dello Sheffield Wednesday. Lo stadio di Hillsborough, nascosto qualche centinaio di metri più in là tra le casette a tetto spiovente della zona, non si vede. Ma la sua presenza incombe sotto il cielo plumbeo del South Yorkshire. Afferrando una pinta di birra con le lunghe dita nodose, Martin comincia a raccontare.

«Sono stato uno dei custodi di Hillsborough per oltre quarant’anni, il mio compito era di chiudere i cancelli, e di imprigionare lì dentro i segreti che non dovevano uscire. Litigi, scazzottate, scommesse, tutto quello che succede normalmente in uno spogliatoio ma non si deve fare trapelare all’esterno. Sono abituato a nascondere le cose. Coprire, dissimulare, è il mio lavoro. Ma quello che hanno fatto loro è troppo. Un insabbiamento di queste dimensioni non si era mai visto».

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La guerra è iniziata al Maksimir

[Riceviamo e pubblichiamo. Ieri 22 marzo 2013 si è giocata la partita Croazia-Serbia valevole ai fini della qualificazione per la Coppa del Mondo FIFA 2014. Con Gori, cogliamo l’occasione per una inquadratura storica delle nota rivalità balcanica]

Scontri per Dinamo Zagabria-Stella Rossa 13 maggio 1990

di Alessandro Gori

Grazie alla partita di ieri a Zagabria tra Croazia e Serbia, valevole per le qualificazioni ai Mondiali brasiliani del prossimo anno, si è momentaneamente destato l’interesse per le vicende balcaniche di cui, ormai da tempo, nessun mezzo di comunicazione parla più.

Improvvisamente, giornalisti da tutta Europa si sono materializzati al Maksimir, il celeberrimo stadio della capitale croata, per raccontare questo “primo” incontro tra i due nemici storici. Sono stati così tanti che l’inviato di Fútbologia non ha ricevuto un accredito dalla Federazione Croata. Da domani, poi, i Balcani torneranno come sempre nell’oblio. Tanto interesse è tuttavia comprensibile: gli aspetti sociali del calcio balcanico rappresentano un mondo peculiare, conosciuto anche per il ruolo che ha ricoperto allo scoppio della guerra.

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Lo “stadio” della rivolta sulle rive del canale (da Il Manifesto 2.2.2013)

[Questo articolo sul ruolo degli Ultras e la situazione magmatica della rivoluzione in Egitto è stato pubblicato in cartaceo su Il Manifesto di sabato 2 febbraio 2013. Questa versione contiene un paio di correzioni di refusi. Il titolo è lo stesso utilizzato dai titolisti del quotidiano]

di Christiano xho Presutti e Luca di Meo aka Wu Ming 3

Clashes in Port Said stadium

I giochi sportivi coinvolgono l’abilità e la forza dei contendenti, e l’umiliazione della sconfitta e l’orgoglio della vittoria sono di per sé una posta sufficiente poiché pertengono al valore degli antagonisti e li definiscono. Ma, sia questione d’azzardo o di valore, tutti i giochi aspirano alla condizione di guerra, perché in essa la posta inghiotte gioco, giocatore, tutto quanto.

Cormac McCarthy, Meridiano di sangue

Come si collocano i massacri di Port Said dentro i complessi eventi della rivoluzione egiziana? E che ruolo ricoprono il calcio e i suoi fan nel mosaico che rende questa società millenaria un magma ribollente e che non cesserà di sconvolgere le nostre incrostate visioni eurocentriche di cui tutti siamo portatori?

Crediamo sia ancora il tempo di impostare in modo corretto le domande piuttosto che giungere a conclusioni di risulta o emettere sentenze sbrigative. È meglio restare ai fatti, che sono molti e di grande importanza, e infine provare ad abbozzare qualche riflessione parziale e transitoria.

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