L’evoluzione del Clásico e il Barça come fenomeno glocale

[Riceviamo e pubblichiamo. Nella scia delle discussioni sul Barcellona degli ultimi giorni, pubblichiamo questo reportage di Alessandro Gori che ha assistito all’ultimo Clásico al Camp Nou]

di Alessandro Gori

Prima della partita un amico mi aveva avvisato: «Preparati, perché stasera al “Camp Nou” probabilmente vedrai un profondo cambiamento sociologico».

foto della scenografia dei tifosi sugli spaltiEnorme era l’attesa per il Clásico, che come ha affermato qualcuno è diventato più che altro Abituale (ormai lo si gioca 4-5 volte l’anno), anche per le connotazioni socio-politiche che questo specifico Barça-Madrid aveva assunto. Perfino i quotidiani locali, soprattutto quelli non sportivi, si chiedevano se si trattasse solo di una partita di calcio.

Storicamente

Da tempo immemorabile il Clásico rappresenta anche uno scontro politico tra la Catalogna e il centralismo di Madrid, le cui radici risalgono alle dittature spagnole del XX secolo, di Primo de Rivera e di Francisco Franco.

Oggi il motto secondo cui El Barça és més que un club si sente così spesso da suonare quasi retorico ma, anche se la situazione politica è profondamente cambiata, in nessun altro paese un club di calcio ha acquisito una tale trascendenza simbolica, politica e sociale identificandosi negli anni con l’intera Catalogna.

Sembrerà strano alle generazioni più giovani che conoscono solo questo Barça vincente, ma non è sempre stato così, anzi. Come riassunto da Matteo Gatto, i tempi bui, politicamente e sportivamente, sono stati lunghissimi. Tra il 1961 e il 1990 i catalani vinsero solo due campionati (con Cruijff giocatore nel 1974, e con Venables in panchina nel 1985), mentre il Madrid ne accumulò addirittura 19. I blaugrana vennero anche rocambolescamente sconfitti nelle due finali di Coppa Campioni disputate, nel 1961 dal Benfica di Eusébio (2-3, con tre pali, allora quadrati, del Barça) e nel 1986 ai rigori dalla Steaua grazie all’impresa del portiere Duckadam.

Fu l’arrivo di Johan Cruijff sulla panchina catalana a cambiare radicalmente la dinamica e la filosofia di un club fino ad allora perdente. Il cambiamento epocale era basato sulla tecnica e il possesso palla e dando attenzione alla cantera, i giovani formati nella Masia (tra i quali allora brillava Pep Guardiola, assurto giovanissimo a regista della squadra) amalgamati con campioni venuti da fuori.

foto della MasiaDa allora, grazie a Cruijff e ai suoi discepoli Rijkaard e Guardiola, i catalani hanno invece conquistato trofei a iosa diventando il club più vincente degli ultimi anni: 4 Coppe dei Campioni/Champions, 2 Intercontinentali, 11 campionati, 5 coppe nazionali e altri spiccioli. Non solo, il Barça è diventato anche un marchio mondiale, e in qualsiasi angolo del pianeta si vedono tifosi e magliette blaugrana.

Come contraltare, molti culés di un’altra epoca continuano però nel loro pessimismo storico e soffrono ancora moltissimo nelle occasioni importanti. Per non dovere fare i conti con le proprie coronarie più di qualcuno non va allo stadio, ma spesso non accende né tv né radio preferendo magari andare al cinema.

Nel frattempo, dal 2000 con i soldi a palate del nuovo presidente Florentino Pérez per acquisire galácticos (da Figo a Zidane all’altro Ronaldo), il Madrid era momentaneamente ritornato in auge mentre il Barça viveva l’interregno durissimo della presidenza Gaspart. La ripresa blaugrana si ebbe dal 2003 grazie al nuovo presidente Laporta (e al suo vice Rosell), Rijkaard in panchina e soprattutto al loro acquisto Ronaldinho.

Florentino, che aveva lasciato la presidenza a causa dei tremendi errori di cui si era reso protagonista, la riassunse per riprendere allo stesso modo, con acquisti stratosferici quali Kaká, Benzema e soprattutto Cristiano Ronaldo.

Guardiola significò poi la sublimazione del percorso tracciato molti anni prima dal suo mentore Cruijff, portandolo quasi alla perfezione. Il marchio indelebile del 2-6 al “Bernabéu” provocò l’ennesima reazione di Florentino che nell’estate del 2010 chiamò Mourinho per superare nuovamente i catalani.

Mourinho vs Barça

Da allora si è entrati in un’altra dinamica, assai pericolosa. In quel campionato si sono giocati 5 Clásicos, di cui 4 in 18 giorni: la tensione era salita alle stelle per le provocazioni del portoghese, con il mastino Pepe divenuto il simbolo della sua squadra ancor più di Cristiano. Le sparate sempre più grosse di Mourinho all’inizio della Liga hanno portato all’onta della manita, lo storico 5-0. In quel campionato i ragazzi di Guardiola erano troppo forti e concentrati e Mourinho è dovuto soccombere anche nelle semifinali di Champions, pur conquistando la Coppa di Spagna contro gli eterni rivali.

Mourinho aveva iniziato la sua carriera proprio al Barça nel 1996 come interprete prima di Bobby Robson e poi di Van Gaal. Già durante le sue visite con Chelsea ed Inter era detestato, ma ora grazie anche alle sue uscite diveniva il nemico per eccellenza.

Nella scorsa stagione il portoghese è riuscito a vincere l’agognata Liga. In soli 4 giorni il Barça invece perdeva tutto in due dolorose partite al “Camp Nou”, l’ultimo Clásico in casa e la semifinale di ritorno di Champions contro il Chelsea. Subito dopo Guardiola annunciava che avrebbe abbandonato la panchina e come successore la dirigenza sceglieva a sorpresa il suo secondo, Tito Vilanova, proprio per dare continuità al progetto.

L’inizio di questo campionato è stato sorprendente. Nonostante la transizione e le partite spesso risolte negli ultimi minuti, il Barça si presentava al Clásico di domenica con addirittura 8 punti di vantaggio sugli storici rivali, forse parzialmente appagati. Dai continui spifferi però si ha l’impressione che lo spogliatoio blanco sia profondamente diviso tra i “portoghesi” (e in generale i protetti e fedeli a Mourinho, anche perché rappresentati dal suo stesso procuratore Jorge Mendes) e gli spagnoli, capitanati da Casillas e Sergio Ramos.

La recente questione politica

Nella società catalana è sempre esistito un ridotto zoccolo duro indipendentista, ma la maggioranza era rappresentata da Convergència i Unió, il partito nazionalista moderato e conservatore che nei lunghi anni di presidenza di Jordi Pujol preferiva scendere a patti con Madrid.

Il citato profondo cambiamento si è manifestato in maniera contundente lo scorso 11 settembre nella Diada (la festa nazionale catalana che ricorda la caduta di Barcellona e la conseguente definitiva sconfitta contro le truppe centraliste borboniche nel 1714). In quell’occasione un milione e mezzo di persone sono scese per strada a chiedere a gran voce la possibilità di organizzare un referendum per decidere sulla sovranità della regione. Di fronte a un successo così straordinario, l’attuale Presidente della Generalitat (il governo autonomo catalano), il convergent Artur Mas ha anticipato di due anni le elezioni per farle diventare un plebiscito.

Se la Catalogna costituisce una realtà diversa dentro lo stato spagnolo, con lingua e tradizioni (anche politiche) proprie, probabilmente la grande novità è arrivata con l’avvicendarsi delle nuove generazioni del partito e soprattutto per l’acuirsi della profonda crisi economica. Nonostante il suo enorme potenziale economico, anche in Catalogna i tagli sono stati profondissimi specialmente negli ambiti sociali.

foto di graffiti e scritte sui muri contro i tagliSecondo molti, tra i problemi più gravi si trovano non solo la differenza abissale tra i soldi mandati ogni anno allo stato e quanti invece ritornano indietro, ma anche che Madrid li sprechi in modo irrazionale a livello di infrastrutture insensate. Come ringraziamento, i catalani si sentono demonizzati dalle altre regioni e da Madrid.

Domenica

Queste le premesse della partita di domenica, una perfetta cassa di risonanza vista da 400 milioni di telespettatori in tutto il mondo. Come mai prima d’ora si vede la presenza di estelades, le bandiere indipendentiste catalane (con la stella in campo blu).

foto della bandiera estelades indosso ai tifosiMa allo stesso tempo nei dintorni dello stadio appaiono gruppi di turisti stranieri il cui pacchetto, oltre al biglietto, include anche una maglia personalizzata.

foto di tifosi con maglia del barcellona personalizzataFa un certo effetto la commistione di bandiere catalane insieme agli sciami di polacchi o turchi. Il Barça è diventato quello che si dice un fenomeno “glocale”, mischiando il locale con il globale.

foto di tifosi stranieri con maglia del barcellona personalizzataSugli spalti si sentono gli accenti dalle provenienze più diverse, danesi, mediorientali, russi, e si vede una coppia di armeni anch’essi con la loro bandiera.

foto della coppia di armeni con bandieraUna costante nelle gare importanti al “Camp Nou” sono gli spettacolari mosaici che coprono tutto lo stadio. Ogni spettatore trova sulla sua poltroncina un cartoncino colorato (oltre 96mila in totale) con istruzioni allegate.

foto di un tifoso intento a leggere le istruzioni del suo cartoncino coloratoStavolta viene ovviamente a disegnata un’immensa senyera (la bandiera catalana, stavolta senza stella). Quando entrano in campo i giocatori l’effetto è straordinario, con l’inno del club cantato a cappella.

foto degli spalti, il mosaico disegna la bandieraMourinho presenta la sua formazione tipo, preferendo Özil al nuovo acquisto Modrić in cabina di regia. Il Barça invece ha indisponibili i due difensori centrali titolari (Puyol e Piqué). Tito Vilanova rischia inserendo il laterale Adriano insieme a Mascherano, da tempo riconvertito da mediano. Dopo pochi minuti perde anche Dani Alves, sostituito dal giovane Montoya. Si acuisce ancor di più la differenza di centimetri tra le due squadre (in media 1,83 a 1,74) con diversi patemi sui corner.

Davanti, Tito preferisce avere sia Cesc che Iniesta, rinunciando a una punta di ruolo. Con questi cambiamenti e riconversioni, il Barça presenta ben 7 centrocampisti.

Di fronte, anche due concezioni diverse, possesso palla da una parte e contropiede dall’altra, tecnica contro muscoli, cantera (giovanili) contro cartera (portafoglio): in un momento della partita per i padroni di casa c’erano in campo ben 9 giocatori formati nelle giovanili, contro uno degli avversari (Casillas).

Il Madrid inizia deciso mentre il Barça non riesce ad imporre il suo solito controllo del gioco. Quando scoccano i 17 minuti e 14 secondi (a ricordo della data storica di cui sopra) le estelades escono a centinaia e si ascoltano slogan indipendentisti.

foto delle centinaia di estelades esposte dal pubblicoIn quel momento il Barça sta subendo e molti sono preoccupati per l’andamento della gara. La rete di Ronaldo al 22’ viene pareggiata 8 minuti dopo da Messi che approfitta di uno svarione di Pepe in area. Nel secondo tempo i due crack rispondono a parti invertite. Al 60’ l’argentino con un’imprendibile punizione dal limite dell’area.

foto del secondo gol di Messi dalla curva oppostaE dopo 6 minuti il portoghese infila con un taglio la difesa catalana e batte Valdés.

foto dei festeggiamenti di Ronaldo dopo il suo secondo golAlla fine risultato giusto con parità su tutta la linea, anche un rigore non segnalato per parte, un palo di Benzema nel primo tempo e una traversa di Montoya allo scadere.
Anche se poteva aumentare il suo vantaggio, al Barça va benissimo così: rimanere a 8 punti a inizio ottobre è un sogno. Sul fronte politico vedremo cosa accadrà a partire dalle elezioni catalane il prossimo 25 novembre.

foto delle copertine dei giornali spagnoli in edicola

Tutte le foto sono state scattate dall’autore che ne detiene i diritti.

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Alessandro ha seguito dal vivo molti degli ultimi Clásicos, di cui ha
raccontato qui: www.alessandrogori.info/tag/clasicos.

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Alessandro Gori (Udine, 1970), giornalista freelance e da sempre appassionato di calcio, è malato di Balkani, Caucaso, America Latina, Catalunya ed Euskal Herria, e più in generale dei territori complicati e problematici. Sta preparando un libro di storie su “Un Altro Calcio”.
È laureato in Lingua e Letteratura Portoghese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia con una tesi (in portoghese) su Musica Popolare e società in Brasile durante la dittatura: Chico Buarque e Caetano Veloso.

One thought on “L’evoluzione del Clásico e il Barça come fenomeno glocale

  1. Ciava

    Posso solo immaginare che esperienza possa essere assistere ad un Classico dal vivo. Io ho messo solo una volta in vita mia piede al Camp Nou, in quell’occasione il Barcellona giocava contro il Real Saragoza, ma ho vissuto, se anche in piccola parte, alcune atmosfere descritte nel tuo pezzo, soprattutto quella relativa ai blaugrana come fenomeno glocale: sulle tribune ero circondato da una coppia cinese, due italiani, tre russi ubriachi persi e uno spagnolo in vacanza. Da circa un anno mi sono appassionato oltre al calcio, anche alla cultura e alla lingua catalana e ringrazio Futbologia tutta per aver parlato della questione con vari articoli, citando amanti e detrattori del Barça, ma soprattutto per aver approfondito una parte di storia di quello che è giudicato, a ragione, més que un club ( ma se ci pensiamo bene tutte le squadre del mondo sono più di una semplice somma di tifosi, giocatori e dirigenza).

    Vi rubo due righe per linkare un mio breve articolo sul Clasico appena giocato http://spoortsandculture.blogspot.it/2012/10/il-solito.html

    Ciao.

    Ciava

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