Pragmatica del non saper cosa dire

[Riceviamo e pubblichiamo da Fabio Poroli di Corso di Linguistica Particolare un pezzo scritto in occasione degli ultimi Europei. Ci pare che l’analisi possa estendersi alle cronache del campionato appena iniziato]

di Fabio Poroli

logo Rai Sport Euro2012Oltre che dalle conferme calcistiche (una generazione di Spagnoli imbattibile, una Germania che non ci batterà mai, un Balotelli che è un fenomeno, ecc.) questo Europeo è stato caratterizzato da un’importante presa di coscienza: a cosa servono i commentatori tecnici di Rai Sport? Anche prima lo pensavamo, al massimo ne parlavamo, dubbiosi, tra amici; ma in questo evento sportivo l’imbarazzo è diventato esorbitante, tanto da far intervenire Aldo Grasso il quale ha affermato di non aver mai sentito tante banalità sul calcio. In realtà la questione è più linguistica che calcistica, e da buon linguista non ho potuto accettare la categoria “banalità” per descrivere un uso. Quindi ho abbandonato l’approccio moralistico e mi sono chiesto: qual è la natura di queste “banalità”? E sopratutto: se è vero, come fa un commentatore a tenere botta per tutta la partita, dando l’idea di stare commentando, senza dire nulla di assolutamente rilevante? Insomma, come si commenta senza commentare?

Metodo

foto di Paul Grice, nume tutelare dei cronisti RAI

Paul Grice, nume tutelare dei cronisti RAI

Per questo, impugnando le Massime della Conversazione di Paul Grice, mi sono visto gli highlights di Francia-Spagna e Repubblica Ceca-Portogallo (d’ora in poi indicate con FS e RCP), commentate rispettivamente da Vincenzo D’Amico e Fulvio Collovati; le partite sono state scelte sulla base di un unico criterio scientifico: non me l’ero viste. Gli esempi sono leggermente rielaborati, solo per evitare che le usuali inesattezze e incertezze del parlato non incidano sulla comprensione dei fenomeni rilevanti (sottolineati).

 

Analisi

La strategia più semplice e più usata (la noterete praticamente in tutti gli esempi) è quella con cui il commentatore, spesso in consonanza con il replay dell’azione, descrive esattamente quello che è successo; viene così violata la Massima della Quantità (“Non essere reticente o ridondante“): sia rispetto a quanto detto precedentemente dal telecronista (che ha già descritto l’azione), sia rispetto al replay dell’azione stessa. Per attenuare la violazione, la descrizione viene enfatizzata con un innalzamento d’intensità vocale, un simulato affanno e alcune interiezioni:

[FS – 19′]
«Evvai! Un goal fantastico per come è stato preparato: Xavi per Alba che è andato sulla fascia, anche favorito da uno svarione di Reveillere [in realtà Debuchy], è andato sulla fascia, ha guardato, ha crossato e Fabregas, eh scusa, Xabi Alonso è stato bravissimo a indirizzare la palla verso la porta».

Collovati, inoltre, segnala esplicitamente la ridondanza, appoggiandosi al replay e dando così l’idea che il suo ruolo sia proprio descrivere il replay. Vengono quindi molto usati i verbi legati al ‘vedere’, rivolti agli spettatori e al telecronista (come noterete anche in esempi successivi a questi due):

[RCP 25′ – si parla di un’azione di Cristiano Ronaldo]
«Fallo, ha fischiato fallo. Però visto che bella azione che ha fatto, è questo che teme la Repubblica Ceca, quando parte in velocità, serve palla, va a ricevere il passaggio, quando decide di partire sembra avanzare in punta di piede sul campo, cerca improvvisamente, vede la porta, e d’istinto, in questo caso ha fatto fallo però il portiere aveva parato, fa segno, fa segno, ho fatto fallo, vedi che fa segno».

[RCP – 46′]
«[…] guarda che stacco ha fatto Hugo Almeida, ha sbagliato completamente l’impatto col pallone».

Ampiamente presenti i casi in cui viene violata la Massima della Relazione (“Sii pertinente”). Questo avviene ad esempio con la descrizione della “potenzialità”, in cui non si commenta ciò che è stato, ma ciò che sarebbe potuto accadere o ciò che il commentatore avrebbe voluto accadesse. Viene evitato così un qualsiasi terreno di verificabilità e criticabilità:

[FS – 29′]
«E qui non mi aspettavo il tiro di Iniesta, pensavo che facesse finta di andare al tiro per far allungare inutilmente l’avversario, e invece qui, purtroppo per lui, è stato bravo a prenderlo [il difensore]».

[RCP – 46′]
«Beh devo dire che qui ha fatto una cosa da fuoriclasse, ha fatto tutto bene, stop di petto, si è liberato, guardate, stop di petto si è liberato con un colpo di classe del suo diretto controllore, ha calciato di prima, probabilmente sarebbe stato goal, veramente avrebbe meritato questa soluzione».

Un altro caso in cui viene violata la Massima della Relazione è quando il commentatore, invece di rendere conto dei movimenti e delle scelte dei giocatori, si concentra sul lato umano, descrivendone le ragioni psicologiche che dovrebbero sottendere ai comportamenti o le emozioni successive a un’azione:

[FS – 51′]
«Si è fatto prendere dall’entusiasmo, vista la serata, la partita, la partita che sta giocando a grossi livelli ha provato la giocata, ma era davvero troppa la distanza».

[RCP – 80′]
«E mi sembra un vantaggio meritato, guardate la sua soddisfazione, bacia la telecamera, prima abbiamo visto lo sconforto di Bilek, ma è un vantaggio assolutamente meritato ed è giusto che abbia fatto goal lui, è stato il miglior uomo in campo del Portogallo, guardate, quando sono arrivati i cross dal fondo, finalmente il Portogallo si è fatto sentire, salta a vuoto Hugo Almeida, ma nell’impatto c’è poi Cristiano Ronaldo».

Il momento più difficile è quando il commentatore deve interpretare un fallo e le relative sanzioni: è infatti l’unico momento in cui una presa di posizione è realmente verificabile e criticabile. In questi casi viene spesso violata la Massima del Modo (“Non essere ambiguo”), violazione di cui è maestro Vincenzo D’Amico:

[FS – 6′]
«Lo carica, lo carica, è vero, ma mi è sembrato troppo leggero il fallo, mi sembra che Fabregas si sia buttato un po’. A rivederlo non l’avrei dato, in diretta sì».

[FS – 31′]
«Mi sembra abbia fatto ostruzione, si è fermato però, mah, è stato più quello che sembrava un fallo ma non mi sembra che ci sia stato».

 

Conclusioni

Dall’analisi sembra delinearsi una variegata “pragmatica del non saper cosa dire”: le “banalità” sono, nello specifico, violazioni delle massime conversazionali, che, se rispettate, mostrerebbero probabilmente una scarsa competenza in ambito calcistico. Quando non si sa cosa dire, nella vita di tutti i giorni, si sta zitti o si parla della Roma, ma con queste strategie il commentatore non potrebbe definirsi tale, né come figura sociale, né come persona stipendiata. Invece, da una parte il commentatore tecnico parlando rende manifesta la sua presenza e soddisfa così la funzione fatica del linguaggio; dall’altra, aiutandosi con la ridondanza, la non rilevanza e l’ambiguità (ed evitando quindi qualsiasi enunciato che possa evidenziare la scarsa competenza) può parlare della partita e guadagnarsi il ruolo sociale di “esperto calcistico”. Insomma, a fronte dell’incompetenza sportiva, abbiamo avuto una grande prova di retorica e conoscenza dei meccanismi della comunicazione, pari quasi alla competenza tattica di Prandelli.

 

[Già pubblicato su Corso di Linguistica Particolare in occasione degli Europei 2012 e rieditato per Futbologia dall’autore]

18 thoughts on “Pragmatica del non saper cosa dire

  1. dan

    bellissmo! ora capisco perché quando ascolto la cronaca della partita non ci capisco niente. Non è colpa mia, sono loro che violano il principio di cooperazione 🙂

    solo sugli esempio sulle violazioni della massima di quantità ho qualche dubbio. Mi spiego: il replay è di per sé una violazione della massima di quantità, e se il commentatore dicesse cose diverse violerebbe la massima di relazione. E se non commentasse l’azione sarebbe reticente e violerebbe comunque la massima. Non hanno scampo.

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  2. Luis

    Tutto vero.
    Aggiungo che, in sede di cronaca e commento, non si faceva mai riferimento alle squadre di club in cui militavano i calciatori. Gravissimo, trattandosi di un Europeo. Posso non sapere dove giocano Gebreselassie della Repubblica Ceca o il greco Samaras? Se cronista e/o commentatore non mi danno neanche queste notizie che ci stanno a fare?

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  3. Luca

    “Quando non si sa cosa dire, nella vita di tutti i giorni, si sta zitti o si parla della Roma” MITICOOOOO
    Gran bel pezzo, originale e interessante.

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  4. Tommaso

    Ciao, ho letto un libro di Grice e voglio scagliarmi contro un nemico facile per ottenere un sacco di consensi. Mah.

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    1. dan

      @Tommaso
      oh, ma davvero? e quanti libri avrebbe scritto Grice? mo’ vado in edicola e me li compro.
      http://plato.stanford.edu/entries/grice/#PriSou

      Questo post, scherzoso, racconta abbastanza bene come si può applicare la pragmatica di Grice ad ambiti diversi dall’analisi del linguaggio, cioè come funzionano le massime conversazionali in presenza di un contesto extra linguistico (ad esempio le riprese di una partita). A me, che uso le massime conversazionali per spiegare perché alcuni testi sono meno comprensibili di altri, e che non capisco affatto il linguaggio dei cronisti sportivi, questo post ha fatto molto ridere.

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    2. johngrady

      @Tommaso
      il “nemico facile” a cui fai riferimento è “la voce” che porta il calcio nelle case degli spettatori.
      Abbiamo pubblicato un pezzo con un approccio specialistico che ci sembra metta a fuoco alcuni concetti. Più che “facili consensi”, mi piacerebbe il dibattito.
      Vale sempre la stessa regola: argomentare.

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      1. Tommaso

        Non c’è nulla di più facile che attaccare i commentatori RAI: perchè, per somma di frustrazioni, questa cosa avrà sempre una risonanza splendida. E’ l’equivalente di lamentarsi del governo, del traffico, di quanto non funzioni il trasporto pubblico. Mugugnii qualunquisti da Bar Sport: legittimi, e magari anche simpatici, se fatti nel modo giusto. Non sono qui per togliere alla gente il piacere di urlare “Piove, governo ladro!”, ci mancherebbe altro. Sono qui solo per sottolineare che di ciò si tratta, e di nulla altro, indipendentemente dal numero di filosofi analitici che riusciamo ad infilarci.
        E’ la seconda volta che fate un post del genere, dove sentite il bisogno di mobilitare tutto il vostro scaffale buono per dire che il calcio in RAI non si può ascoltare. Come dicevo prima, lagnarsi della televisione, del governo, dei prezzi dei treni è del tutto legittimo. Farlo attraverso i filosofi, invece, è, per quanto mi riguarda, grottesco, e mi dà l’impressione che siate un po’ fuori dal mondo.

  5. Fabio Poroli

    Beh in realtà la tesi non era “I commentatori RAI fanno cacare”, quello già l’aveva detto Aldo Grasso ed è sotto gli occhi di una qualsiasi persona guardi il calcio in tv oltre la Nazionale. Mi incuriosiva descrivere come il non-commento avvenisse (in maniera sciolta e non accademica): inizialmente volevo fare un commento più stilistico, ma il commento stilistico era sì sparare sulla croce rossa (come prendere in giro Trapattoni per come parla).

    In questo mi è venuto in aiuto il caro Grice, molto comodo per descrivere quello che avviene dietro una conversazione. E non è usato per attaccare la RAI (non ha senso, serve Grice?), visto che le Massime non sono delle massime morali ma un paradigma (teorico) che spiega molto bene la conversazione: le infrangiamo tutti continuamente e infrangerle non equivale a un giudizio di valore. Se un nostro enunciato infrange alcune massime, le ragioni vanno cercate “altrove” (contesto, co-testo, background, scopi, ecc.) e porta a quella che viene chiamata implicatura conversazionale. Questo solo per rispondere sull’uso gratuito o meno di Grice; per quanto riguarda il nemico facile e l’ottenere consensi, beh, è difficile rispondere di un presunto qualunquismo a un commento ancora più qualunquista.

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    1. Tommaso

      Grazie per il chiarimento, anche se temo non aggiunga molto alla discussione, e che ci lasci fermi sulle nostre posizioni.
      Che la RAI faccia pena è appurato ed accettato, Grasso dixit. Il punto del post sarebbe capire “in che modo” fa schifo. Questa la tua posizione.
      La mia è che questo esercizio denoti pigrizia intellettuale, e consista nel dare ragioni sofisticate ad intuizioni di pancia.
      E fin qui ci siamo.
      Però qui ci fermiamo temo, perchè non vedo spunti costruttivi. Posso solo aggiungere che Repice e Gentili sono molto meglio di Caressa.

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  6. dan

    @ Tommaso
    premetto che di calcio non so nulla di nulla, quindi il mio è uno sguardo da osservatore esterno di un fenomeno linguistico. Forse a volte uno sguardo esterno, ingenuo, aiuta a rendere visibili rilevare alcuni fatti.

    Quello che osservo è che quando ascolto una radiocronaca di una partita (cioè senza il supporto delle immagini) le cose che sento sono al limite dell’incomprensibile (e del ridicolo). Quando sono accompagnate da immagini, le cronache sono un po’ più comprensibili, ma viene sempre richiesto all’ascoltatore uno sforzo di “immaginazione linguistica estrema” (direbbe Grice, si viola il principio di cooperazione).
    Ora, una richiesta di immaginazione linguistica può avere un valore positivo quando produce nuovi significati, o ha un valore artistico (come nel caso dei poeti, ad esempio). Invece nel caso dei cronisti sportivi a me pare al limite del ridicolo.

    In passato, il linguaggio dei commentatori sportivi ha dimostrato grandi potenzialità creative e innovative (il linguaggio di Gianni Brera viene studiato da linguisti e comunicatori) che hanno avuto il pregio di arricchire la lingua. Credo che qualsiasi giornalista, con un minimo di sforzo, possa apportare alla lingua italiana un contributo simile, se non uguale, a quello di Brera, e non capisco perché arroccarsi sulla “difesa” o sulla commiserazione (velo pietoso) sulle storture e la pigrizia della lingua (e del pensiero).

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    1. Tommaso

      Con il massimo rispetto, ma potrebbe essere il caso che trovi le parole dei radio e telecommentatori incomprensibili perchè, come tu stesso ammetti, di calcio non sai “nulla di nulla”?
      Trattandosi di un linguaggio, per cosi dire, tecnico, per comprenderlo serve competenza tecnica.
      Ho vissuto per molti anni in Inghilterra, tentando invano di capire il cricket. I commenti televisivi a questo sport mi risultavano incomprensibili: ma solo perchè di cricket non sapevo nulla di nulla. Prima di lanciarmi in invettive contro il basso livello dei commentatori della BBC, ho tentato di capire come funzionasse questo sport. Non vedo cosa ci sia di diverso nel calcio.

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  7. Fabio Poroli

    “Ragioni sofisticate a intuizioni di pancia” perché sofisticate? Cioè che criterio descrittivo è? Si potrebbe dire di chiunque si sia occupato di quotidiano, da Grice a Goffmann (lungi da me accostarmi a loro).

    Logico che ci ho giocato su e questo articoletto non rivoluzionerà un bel nulla, essendo al limite tra l’esercizio linguistico, il divertissement e la parodia, senza però mai dire cose non vere e magari spiegando qualcosa a chi non conosce la pragmatica.

    Se poi il problema è che bisogna affrontare solo grandi temi, beh, non so che dirti, quando posso li affronto, ma non la trovo molto ficcante come accusa.

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    1. Tommaso

      Evidentemente è difficile capire le critiche, perchè hai frainteso la mia, e pure alla grande. Ci provo un’ultima volta, con una metafora culinaria: bere un vino da 200 euro con un Big Mac.
      Dare ragioni sofisticate ad intuizioni di pancia vuol dire giustificare sciocchezze da Bar Sport (la RAI non ha buoni commentatori) con gli strumenti culturali a nostra disposizione. Come dici te, non c’è bisogno di Grice per dirlo; al massimo lo studio di Grice servirebbe a non dirlo: questo è il senso della mia critica.
      Se ti interessa pensaci, sennò amen, non succede niente.

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  8. Fabio Poroli

    Ok, non avevo capito, pensavo che fossi anche te d’accordo sul fatto che i commentatori di questi Europei fossero penosi. Siccome non ho visto nessuna argomentazione sul fatto che non lo siano, ma solo a proposito dell'”è facile attaccare la RAI” pensavo fosse una questione morale su ciò di cui bisogna scrivere e su ciò di cui non bisogna scrivere. Beh, se ti va, argomenta, perché sono interessato.

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    1. Tommaso

      Ma che ti devo argomentare, che Gentili è un fuoriclasse del commento? I commentatori, salvo casi di indecenza, possono piacere o non piacere, dipende da tante cose, di alcuni ci piace la voce, di altri la scelta del vocabolario, di altri il ritmo di parlata, di altri ancora la sagacia tattica. Però ecco non c’è una scienza del commento, fatta eccezioni per casi di indecenza professionale. DI conseguenza tu puoi scagliarti contro quelli della rai quanto vuoi, purchè sia cosciente che si tratta di un “a me piace il pistacchio, a te il cioccolato” e che non vi siano regole comunicative che sono violate. Scusa per la risposta mooolto tardiva, e ciao.

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  9. mattia

    Mi intrometto per dire che non è vero che i commentatori della RAI fanno schifo (pur sapendo di essere fuori tema). I commentatori televisivi RAI sono discutibili, quelli radiofonici invece mi sembrano all’altezza e forse anche qualcosa di più. Sarà il medium, sarà un miraggio tutto personale ma le partite ascoltate in radio mi sembrano più belle, i commenti più azzeccati e l’uso della lingua corretto con un lessico decisamente ampio e vagamente retrò.

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