Perché

[Riceviamo e pubblichiamo – In risposta al resoconto di Wu Ming 4, Valerio Mastandrea ci ha inviato una sua testimonianza]

foto di Valerio al curling

Valerio è quello al centro (si scherza)

Pensiero ufficiale di Valerio Mastandrea
(The DM: Il Demotivatore)

Le storie dell’emozione provata alla prima ecografia si sprecano. Pochi ammettono il terrore e l’impressione che un millimetro (nemmeno quadrato) abbia un cuore e che quel cuore batta forte. Le varie ecografie lasciano il posto alla curiosità, alla sciocca ricerca di somiglianze e, a volte, alla paura. È stato quando una voce disse “è maschietto guardi qua”. E no che non guardi, non si capisce un cazzo. No che non cerchi il pisellino, no. È maschietto e vieni attraversato da una scossa violentissima. Cerchi e trovi gli occhi-madre che emozionati immaginano un altro te in miniatura, scambi con quello sguardo vero la tua emozione finta. Sforzi un po’ le ghiandole lacrimali. E le lacrime scendono. Perché hai paura. Hai soltanto paura.

È vero, d’accordo, la vita cambia. Cambia la vita di tutti quanti, la tua, la sua, la tua con la tua, la tua con la sua, la “di tutti quanti” con la tua, con la sua e via dicendo. Ma la domanda improvvisa, ad un semaforo arancione a cui ti fermi per la prima volta in 38 anni, quella non te l’aspettavi: “Adesso, come glielo faccio capire?”. Ti provi moderno, non comprando palloni fino al quarto mese di età. Ti scopri sperimentale, non nominando mai il nome in cui tanta identità hai cercato e trovato. Ti riveli tollerante, non associando nessuna forma di insulto all’altra marca di cui però non tolleri che in casa ne venga fatto alcun minimo cenno. Ti stupisci giudizioso, relegando in scatole poi nascoste alcuni regali inneggianti “la cosa” (bavaglini, biberon, minicopriletto). Ti giudichi un padre da paura, dicendo più volte e a voce altissima parole come “pallacanestro”, “scherma”, “triathlon”. Ti tolleri superiore, quando per strada qualcuno inizia a chiedergli “di che squadra sei?” e tu rispondi per lui un incomprensibile “no vero, noo”. Ti sperimenti pieno di bio-interessi equo e solidali, quando a una cena di molti esclami che il tuo sogno è che tuo figlio, il tuo figlio maschio, passi le domeniche al lago di Martignano a suonare i bonghi sotto un albero. Ti modernizzi bestemmiando subito dopo, in ascensore, quell’esclamazione temendo droghe sintetiche e calzoni a fiori. La vita cambia. Ma su questo argomento, mai detto e fonte di innumerevoli preoccupazioni, bisogna fare in modo che ciò non avvenga.

Ecco perché a Milano durante una passeggiata, mentre qualcun altro a poche centinaia di metri festeggiava uno scudetto con un numero 18 accanto, hai iniziato a cantargli all’orecchio la canzone più vecchia che conosci. Oggi sono passati quasi due anni e lui te la chiede. Ecco perché, quando eri davanti alla tv a vedere un’altra partita, dove tu non c’entri se non per il disprezzo con cui non ami niente che non ti riguardi in materia di appartenenza calcistica, hai detto “no, non vengo a giocare sto guardando una cosa che non mi piace alla tv. Gioca da solo”. Ecco perché oggi che ti lancio la palla in corridoio almeno tre volte al giorno e per almeno dieci minuti di fila ti chiedo di usare anche l’altro piede.

Per tutto il resto c’è tempo. E certezza che verrai sano e giusto. E ti apparterrà “la cosa” che ha perso tanto e male, ma che quando ha vinto lo ha fatto davvero. Ecco perché abbiamo imparato a contare fino a tre. E perché hai smesso di cercare Lego che non siano di quei due colori là.

Nota 1: Wu Ming 4 risponde a propria volta con Football Repubblic.
Nota 2: la foto non è davvero di Valerio, era una boutade, sai mai…

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